Verso il Natale 2016: la frutta secca

Cari amici di CDA Market, eccoci di nuovo in cammino Verso il Natale 2016. E che feste sarebbero senza sgusciare e gustare dell’ottima frutta secca? Lo sapete che la frutta secca è ricca di vitamine, sali minerali e grassi polinsaturi? Tutti elementi fondamentali per il nostro organismo. Certo, non bisogna comunque eccedere nel consumo, perchè è anche ricca di zuccheri, quindi molto calorica. Ma un assaggio ogni tanto è sicuramente benefico per la salute e per il palato. Quindi anche questo prodotto tipico Italiano non può mai mancare in un cesto natalizio.

La frutta secca prodotta in Italia e non solo

In Italia abbiamo delle vere eccellenze in fatto di produzione di frutta con guscio, da nord a sud troviamo prodotti unici, ad Indicazione Geografica Protetta (IGP) che vale la pena assaggiare e regalare a Natale.

La nocciola del Piemonte (detta Tonda Gentile Trilobata) viene considerata la nocciola migliore al mondo. Perfetta per essere consumata da sola, sgusciata e mangiata, ma anche per essere trasformata in granella o utilizzata per creme spalmabili e dolci. La nocciola di Giffoni, di forma perfettamente sferica e dalla polpa bianca, è uno dei prodotti della Campania più esportati e molto apprezzati anche all’estero.

Le mandorle italiane sono quasi esclusivamente di produzione siciliana, con rare eccezioni. Utilizzate per produrre il marzapane e altri dolci tipici dell’isola, sono buonissime anche da sole, pelate o al naturale. Vengono usate anche per la produzione di una bevanda dolce di colore bianco, chiamata appunto latte di mandorle. Anche i pistacchi sono una produzione caratteristica della Sicilia, soprattutto della zona di Bronte. Molto usati in pasticceria e nella produzione di gelato, sono buonissimi tostati e salati oppure al naturale.

La varietà di noce italiana più pregiata è quella di Sorrento, ha frutti di colore chiaro, sapore gradevole e poco oleoso. È un prodotto molto apprezzato in pasticceria perchè i gherigli si possono estrarre facilmente dal guscio ancora interi.

Le arachidi sono invece un frutto poco coltivato in Italia, ma molto apprezzato, soprattutto dai bambini per la facilità di apertura del guscio. Basta infatti schiacciarlo con le dita, senza bisogno di schiaccianoci per raggiungere i frutti. Molto amata è la versione già sgusciata, tostata e salata, pronta per il consumo.

Nella categoria della frutta secca possiamo includere, oltre ai frutti con guscio, anche quella frutta fresca che viene essiccata e disidratata per essere meglio conservata. I frutti disidratati più conosciuti e consumati sono sicuramente i fichi secchi. Dolci ed invitanti, si conservano a lungo e sono sempre pronti per essere gustati. I migliori fichi secchi italiani sono, senza ombra di dubbio, quelli di produzione pugliese.

Le prugne secche italiane, con o senza nocciolo, più buone in assoluto sono quelle di Modena, raccolte al giusto livello di maturazione ed immediatamente essiccate, con un procedimento che può durare fino a 30 ore, e quindi successivamente confezionate.

 I datteri invece li importiamo dal Nordafrica. Dolci e zuccherini, dalla caratteristica a forma allungata, sono l’ideale per gustare qualcosa di diverso dal solito durante le feste natalizie.

Verso il Natale 2016: i salumi tipici italiani per un cesto natalizio

Cari amici di CDA Market, nel nostro appuntamento “Verso il Natale 2016” vogliamo accompagnarvi alla scoperta degli insaccati italiani che possono dare un vero tocco di originalità al vostro cesto natalizio.

Da nord a sud, i salumi tipici italiani

Cominciamo con un classico, il salame di Felino, prodotto in provincia di Parma, a Felino (da cui prende il nome) e in alcuni comuni limitrofi.  Questo insaccato è fatto con carne di puro suino e ha un sapore delicato. È l’antipasto per antonomasia, insieme al prosciutto di Parma e va tagliato a mano, in diagonale, in modo da ottenere fette ovali.

Il culatello di Zibello, considerato il miglior salume d’Italia, viene prodotto nel parmense, in una zona ben definita dal Consorzio omonimo.  La produzione avviene nei mesi invernali, da ottobre a febbraio, lavorando esclusivamente la carne della coscia del maiale. Segue la salatura e la stagionatura fino al termine dell’estate.

 Se volete dare al vostro cesto natalizio una nota di sapore dell’Alto Adige scegliete lo speck, un prosciutto crudo completamente disossato e affumicato con legna resinosa. Un ingrediente capace di trasformare tante ricette in piatti davvero speciali.

A Natale, naturalmente, non potranno mancare lo zampone e il cotechino di Modena, da servire in tavola accompagnati da una montagna di purè o da lenticchie simbolo di ricchezza e prosperità.

La bresaola della Valtellina è un salume prodotto con carne di manzo, salata e stagionata. Tagliata in fette sottili e condita semplicemente con del limone e delle scagliette di grana è una vera bontà.

Per chi ama i sapori più decisi e piccanti possiamo scegliere un prodotto del sud Italia ricco di peperoncino: la ‘Nduja calabrese. Si tratta di un salume un po’ particolare perchè non si taglia a fette ma si spalma sul pane, come una salsa.

Sempre in Calabria si produce la soppressata, un salame fatto con carne di maiale, pepe, finocchio in grani e tanto peperoncino che gli conferisce il tipico colore rosso/aranciato molto acceso.

Passiamo poi alla coppa piacentina che è prodotta con la carne del collo del maiale ed ha un sapore dolce dovuto alla ridotta quantità di sale che viene utilizzato e che viene anche leggermente speziata.

La finocchiona è un salume tipico della Toscana, prodotto con carne di maiale aromatizzata dal finocchio e dal vino rosso. Si taglia in fette rotonde molto grandi.

Sempre in Toscana troviamo il salame di Cinta Senese che è un insaccato che prende il nome da una razza particolare di maiali che hanno una striatura bianca sul mantello che ricorda una cintura. Ha un gusto ben carico e saporito.

Anche il lardo di Colonnata è una specialità originaria dell’omonimo paese sulle Alpi Apuane in Toscana. È lardo di suino, completamente bianco, al quale vengono aggiunte sale e di spezie, e che viene messo a stagionare in conche di marmo strofinate con l’aglio. Ha un sapore molto delicato e fresco e si consuma da solo, tagliato in fette sottilissime, oppure viene utilizzato per insaporire altre pietanze.

I cacciatorini, prodotto DOP del nord e centro Italia, sono dei salami di piccole dimensioni, morbidi e saporini. Devono il loro nome ai cacciatori che li portavano nella loro bisaccia e li consumavano come pranzo durante le battute di caccia.

E l’elenco potrebbe continuare a lungo, perchè i salumi italiani sono tantissimi, più di cento, la maggior parte hanno il marchio DOP o IGP che li rende unici. E unico sarà il vostro cesto, contenente almeno una di queste deliziose specialità.

Verso il Natale 2016: i formaggi tipici regionali per un cesto natalizio

Cari amici di CDA Market, in questa nuova tappa del nostro cammino Verso il Natale 2016 vogliamo parlavi dei formaggi tipici italiani. Ogni regione ne ha più d’uno, a pasta dura o a pasta molle, freschi o stagionati, aromatizzati, di latte vaccino, di capra o di pecora. Lungo tutto lo stivale sono centinaia le qualità di formaggi diversi che fanno grande la gastronomia italiana. Vogliamo qui presentarvene alcuni, particolarmente adatti ad essere inserite in un cesto natalizio invitante e di buon gusto.

I formaggi tipici regionali

 

Il Parmigiano Reggiano, tutelato dall’omonimo consorzio viene prodotto, nelle zone piu a sud della Pianura Padana, tra le provincie di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Pavia. È un formaggio DOP ottenuto da latte vaccino crudo, senza l’aggiunta di conservanti. Viene posto a stagionare, in forme da 40 kg l’una, per almeno 24 mesi. Ottimo se mangiato a scaglie.

 La Fontina Valdostana, a pasta morbida ed elastica, viene prodotta esclusivamente con il latte di vacche di razza valdostana. È l’ingrediente base della fonduta.

 L’Asiago, originario dell’omonimo altopiano veneto, è un formaggio DOP dall’aroma dolce. Viene prodotto in forme da circa 15 kg l’una, ottenute tramite le tradizionali fascere e stagionato fino a due anni.

 Il Bagoss deve il suo nome al comune di Bagolino, in provincia di Brescia, che l’ha visto nascere. È un formaggio di montagna a pasta molto dura, prodotto con una ricetta di antica tradizione e il suo colore giallo è dovuto all’aggiunta di zafferano. Ha un sapore forte e deciso ed è ottimo fatto alla griglia.

 Il Montasio, tipico friulano, è un formaggio che si può consumare a più livelli di stagionatura. Quello più fresco è anche più morbido e più chiaro di colore ed ha un sapore più delicato.

 Il Pecorino meriterebbe un capitolo a sé, tante sono le varietà esistenti in Italia, lo troviamo infatti in quasi tutte le regioni, escluse solo quelle più a nord. Come dice il nome, è fatto con latte di pecora e può essere più o meno stagionato. Più la stagionatura è lunga e più il formaggio assume un profumo ed un sapore molto intenso e deciso. I pecorini più famosi sono quello toscano, quello romano e quello sardo, ma ne esistono molte altre varietà meno note ma altrettanto buone.

 

Il Puzzone di Moena ha un nome che è tutto un programma. È un formaggio vaccino di montagna prodotto in Alto Adige, invecchiata al massimo per 90 giorni. Ha un inconfondibile aroma molto pungente.

 Il Caciocavallo abruzzese ha la caratteristica forma a pera e deve il suo nome al fatto che le forme vengono messe a stagionare, legate due a due, a cavallo di pertiche sospese dove rimangono per circa un mese.

 Il Canestrato pugliese, cosi chiamato perchè stagiona dentro a canestri di giunco per tre mesi è tipico della zona compresa tra Foggia e Bari. Il giunco lascia delle caratteristiche striature sulla crosta del formaggio.

 L’elenco che vi abbiamo presentato non può sicuramente essere esaustivo dell’intera produzione nazionale: lo sapevate che in Italia esistono più di 450 tipi di formaggi diversi? E molti hanno ricevuto il marchio DOP e sono tutelati da consorzi che ne garantiscono la qualità.

Volevamo solo darvi qualche idea su cosa inserire nel cesto di Natale e magari farvi conoscere qualche specialità poco nota. Sta a voi adesso scegliere il prodotto più adatto in base al destinatario del cesto. Perchè un regalo personalizzato è sicuramente sempre più gradito.

Verso il Natale 2016: lo spumante

Cari amici di CDA Market, eccoci giunti, nel nostro percorso Verso il Natale 2016, a parlare di qualcosa di decisamente irrinunciabile per rendere le feste più briose e un cesto natalizio davvero completo: lo spumante.

Tutti amiamo le sue bollicine, il suo gusto e la sua freschezza. E anche la sua capacità di sposarsi con tutti i piatti e soprattutto con i dolci. Regalare una bottiglia di spumante è augurio di allegria e felicità, oltre che sinonimo di convivialità: non accompagnamento forse con un brindisi tutti i momenti più importanti della nostra vita? Dalle nascite ai matrimoni, dai compleanni alle tesi di laurea, agli anniversari c’è sempre una buona occasione per sollevare i calici e fare festa con i nostri cari.

 L’Italia, la patria dello spumante

L’Italia poi è la patria dello spumante e da nord a sud la produzione di bollicine è diffusa e variegata, oltre che decisamente rinomata. Alcuni spumanti sono più noti e facilmente reperibili, altri meno conosciuti, magari prodotti un po’ di nicchia, ma altrettanto meritevoli di essere presi in considerazione. Anzi, alcuni ci stupiranno decisamente.

Sicuramente, gli spumanti italiani più conosciuti al grande pubblico sono quelli piemontesi (Asti spumante, moscato d’Asti, Brachetto) e della Franciacorta in provincia di Brescia, bianchi o rosati, tanto che “il Franciacorta” (così viene etichettato) è diventato sinonimo di prodotto di ottima qualità, che nulla ha da invidiare al vicino champagne francese.

Quasi ogni regione italiana produce il suo spumante, o anche più d’uno, dal Trentino al Veneto, dalla Toscana all’Umbria, dall’Emilia alle Marche arrivando fino in Puglia, Campania e isole non c’è che l’imbarazzo della scelta. Non rimane altro da fare che assaggiarli tutti.

Come scegliere lo spumante da abbinare ai piatti che abbiamo scelto per il cenone di Natale?

E’ fondamentale tenere conto del tipo di spumante, l’etichettatura ce lo presenta come brut, extra-dry, dry, demi-sec e dolce a seconda della percezione dello zucchero in esso contenuto. Nel brut il residuo zuccherino è molto limitato, si va poi in crescendo fino allo spumante dolce in cui la presenza di zucchero è davvero evidente.

Gli spumanti brut e dry sono quindi perfetti per un aperitivo, per accompagnare gli antipasti, i primi piatti e i secondi di carne o pesce. I demi-sec e dolce sono invece adatti ad essere consumati insieme al panettone o altri dolci in generale. È opinione diffusa che lo spumante dolce sia di scarsa qualità, opinione che probabilmente nasce dalla qualità scadente di alcuni prodotti da supermercato. Ma uno spumante dolce o demi-sec di ottima fattura, scelto tra i migliori della nostra produzione nazionale non potrà deludere, anzi!

A ogni tipo di spumante il suo bicchiere

Quindi non dimenticate di fare un brindisi con amici e parenti per festeggiare il Natale e per accogliere con gioia il nuovo anno che verrà. Ma scegliete il bicchiere giusto: lo spumante secco e molto frizzante richiede il flute che, con sua forma allungata favorisce l’effervescenza delle bollicine. Gli spumanti millesimati vanno serviti nel calice a forma di tulipano, più largo alla base, mentre la coppa bassa e larga è perfetta per gli spumanti dolci. Tutte tipologie di bicchieri con lo stelo lungo per evitare di scaldare il prezioso contenuto con il calore delle mani. Non ci rimane che dire cin-cin!

Verso il Natale 2016: i dolci tipici siciliani

 

Cari amici di CDA Market, in questa nuova tappa del nostro viaggio Verso il Natale 2016 vogliamo farvi conoscere alcuni prodotti tipici regionali della Sicilia, la maggiore delle isole italiane, ricca di storia, arte, cultura e tradizioni, oltre che di gustose specialità gastronomiche, soprattutto dolci.

 I prodotti che vogliamo descrivervi sono sicuramente molto meno conosciuti di altri, come per esempio la cassata o i cannoli con la ricotta e i canditi, ma sicuramente più adatti per essere inseriti in un cesto natalizio.

I dolci di Natale tipici della Sicilia

La prima specialità regionale di cui vogliamo parlarvi è il Buccellato (in siciliano cucciddatu), un dolce a forma di ciambella, esclusivamente tipico dell’isola, tanto da essere persino inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Il buccellato è una pasta frolla ripiena, il cui contenuto può variare leggermente da una zona all’altra della Sicilia. Il ripieno più diffuso e più tradizionale prevede l’uso di fichi secchi, uvette, mandorle e scorzette d’arancia candite. Il dolce viene poi servito ricoperto da una glassa di zucchero o semplicemente spolverato di zucchero a velo.

C’è poi la Cuccia di Santa Lucia che, come suggerito dal nome stesso, è un dolce che viene preparato in prossimità della ricorrenza della celebre santa a cui i siciliani sono molto devoti, il giorno esatto è il 13 dicembre, i in pieno periodo pre-natalizio.

La cuccia è preparata con grano cotto, ricotta di pecora, frutta candita, zucchero e cioccolato fondente. La sua realizzazione è parecchio lunga e laboriosa: si comincia addirittura tre giorni prima a mettere a bagno il frumento previsto dalla ricetta, che poi andrà cotto a fuoco lento per circa 8 ore ed infine mescolato agli altri ingredienti. La guarnizione finale è a base di granella di pistacchi di Bronte.

Proseguiamo la nostra rassegna con i dolci tipici del Natale in Sicilia con la Cobaita o Torrone di Modica (detta in dialetto gigghiulena).  Si tartta di una specialità di origine turca che è stata portata in Sicilia all’epoca della dominazione araba dell’isola.

 La cobaita viene preparata in prossimità delle feste natalizie ed è molto simile al croccante ma si compone di miele e tantissimi semi di sesamo con l’aggiunta di alcune mandorle intere.

Chiudiamo infine con i Nucatoli (chiamati anche nacatuli, nucatali o nucatili, a seconda delle diverse zone della Sicilia). I nucatoli sono dei biscotti ripieni dalla caratteristica forma a S. L’impasto è fatto con farina, strutto, zucchero e uva, mentre per il ripieno, diverso a seconda delle diverse zone dell’isola, vengono utilizzati soprattutto miele, mandorle e scorza d’arancia grattuggiata.

La nostra rassegna dedicata ai dolci siciliani tipicamente natalizi si conclude qui. Alla prossima settimana con un nuovo appuntamento di Verso il Natale 2016 per preparare insieme un cesto natalizio con i fiocchi.

Verso il Natale 2016: la mostarda

Il Natale 2016 si avvicina sempre di più ed è già tempo di iniziare a pensare ai prodotti gastronomici che andranno a comporre i cesti delle feste natalizie.

Le opzioni per regalare tanti prodotti tipici della nostra tradizione non mancano certo e un bel cesto di Natale, ricco di specialità della cucina tipica italiana, riuscirà senza dubbio a rendere unica l’atmosfera delle feste.

Classici come le lenticchie, la pasta, il cotechino, il pandoro e il panettone sono tra le opzioni più gettonate quando si vuole creare un bel regalo natalizio, ma non va sottovalutata una pietanza dal gusto incredibile e molto particolare. Stiamo parlando della mostarda, una salsa dal gusto piccante, perfetta per accompagnare le carni e soprattutto bollite.

La storia della mostarda

La mostarda ha origini piuttosto antiche, legate all’Italia settentrionale e soprattutto alla Pianura Padana. La mostarda avrebbe cominciato a fare la sua comparsa sul territorio italiano a inizio del seicento in città come Cremona, Piacenza e soprattutto Mantova, località celebre in tutto il bel Paese per la sua mostarda di mele Campanine e senape.

Già il famoso poeta modenese Alessandro Tassoni faceva riferimento alla mostarda nella Secchia Rapita, la sua opera più famosa, nel 1621, quando parlava di “cupelle di mostarda isquisitissime”.

La mostarda non è però originaria dell’Italia ma compare per la prima volta in uno scritto francese del 1288, con il termine moutarde. Questo prodotto consentiva la conservazione della frutta utilizzando il mosto di vino piccante, a cui erano stati aggiunti dei semi di senape.

mostarda-francese

 Mostarda o senape?

Proprio questo aspetto ha portato a una serie di incomprensioni quando si parla di mostarda in Italia e in Francia. Nel bel Paese il termine mostarda viene utilizzato per indicare una composta di frutta, zucchero ed essenza di senape, dal sapore piccante e molto forte. L’abbinamento perfetto è con le carni come il bollito o l’arrosto, dato che la mostarda è ottima come accompagnamento a pietanze dal gusto delicato.

In Francia invece la moutarde è ciò che noi conosciamo come senape, dunque una salsa che ha una preparazione, un colore e una storia totalmente differente dalla mostarda nostrana. Il motivo di tale incomprensione deriva probabilmente dall’origine comune dei due condimenti, dato che tanto la mostarda italiana quanto la moutarde francese sono preparate con i semi della pianta di senape.

I diversi tipi di mostarda italiana

Come abbiamo detto la mostarda è una specialità tipica soprattutto delle zone che si trovano nel Nord Italia e a seconda delle città di provenienza  viene preparata in modo differente.  A Mantova la mostarda si compone di: mele cotogne, pere e altra frutta a pezzi interi e viene utilizzata soprattutto per riempire i classici tortelli di zucca. Nella vicina Cremona invece la mostarda è composta da un insieme di frutta candita, come ciliegie, mandarini, fichi, albicocche e molti altri, con l’aggiunta di semi di senape.

Sebbene questa salsa sia stata introdotta nel bel Paese nel nord, ciò non significa che non si sia poi diffusa in tutta Italia. In Calabria e in Sicilia vengono infatti preparate due saporite varianti della mostarda, sempre a base di frutta e perfette per accompagnare gli arrosti delle festività natalizie.

In Calabria la mostarda si prepara a partire dal mosto d’uva, a cui vengono successivamente aggiunti cioccolata e farina, mentre in Sicilia è realizzata con mosto cotto a cui si uniscono successivamente aromi e farina di grano duro.

Chi vuole fare un bel regalo ai propri amici non può mancare di mettere nel cestino natalizio un bel barattolo di mostarda, ancora meglio se di un marchio come Fieschi, Dondi e Sperlari, che certifica l’assoluta qualità del prodotto.

 Alla prossima settimana con un nuovo appuntamento di “Verso il Natale 2016”!

Verso il Natale 2016: la pasta fresca

Cari amici di CDA eccoci con un nuovo appuntamento dedicato a Verso il Natale 2016, alla scoperta delle specialità gastronomiche che non possono mai mancare in un cesto delle feste.

Sono diverse i prodotti alimentari, ideali per comporre un cesto natalizio, che vi abbiamo già presentato (pandoro, panettone, torrone, lenticchie, cotechino) ma non possiamo certo dimenticare la regina delle nostre tavole, l’alimento che ci accompagna giorno per giorno, per tutto l’anno e che, in vista del Natale e del Capodanno può trovare una dimensione nuova, più elaborata e più adatta al menù delle feste. Parliamo naturalmente della pasta fresca, semplice o ripiena, condita con sughi magari un po’ più elaborati del normale.

La storia della pasta fresca

La pasta fresca, intesa come impasto di acqua e farina o semola suddiviso in forme regolari, ha origini antichissime e diversificate. Era presente già in epoche remote, un po’ in tutte le culture, dall’estremo oriente fino all’area mediterranea, ma è nella penisola italica che ha avuto maggior diffusione e sviluppo, tanto da diventare il piatto nazionale del nostro Paese, conosciuto ed esportato in tutto il mondo.

Solo nel medioevo è stato introdotto il metodo di cottura tramite bollitura in acqua, prima di allora infatti le “lagane” (l’antico nome delle lasagne) venivano cotte al forno. Sono nate così le paste forate (maccheroni, bucatini, penne), le paste ripiene (tortellini, ravioli, agnolotti) e, soprattutto nel nord Italia, la pasta fresca all’uovo, tutti formati che ci hanno accompagnato attraverso la storia e che sono arrivati, praticamente invariati, fino ai giorni nostri.

La ricetta tipica della pasta fresca

Il procedimento di preparazione della pasta fresca è molto semplice e gli ingredienti necessari sono davvero pochi:

  • farina di grano duro o semola
  • acqua
  • sale
  • eventualmente uova.

Gli ingredienti vanno lavorati sulla spianatoia, partendo dalla farina disposta “a fontana” e aggiungendo i liquidi un po’ alla volta, oppure con una macchina impastatrice.

L’impasto deve risultare omogeneo e sufficientemente elastico da poter essere steso, col mattarello o con l’apposita macchina, in una sfoglia abbastanza sottile. Questa verrà poi tagliata nel formato desiderato o utilizzata per contenere un ripieno che varia, da nord a sud, a seconda delle tradizioni regionali e che può essere fatto con carne, pesce, ricotta, spinaci, bietole, prosciutto, zucca, e tanto altro.

Diverso sarà ovviamente anche il condimento, che andrà abbinato al formato di pasta e all’eventuale ripieno (burro versato, ragù di carne o di verdure, salsa di funghi, pomodoro e basilico, pesto, le possibilità e gli abbinamenti sono praticamente infiniti e la pasta fresca, asciutta o in brodo sarà sicuramente un successo.

Perché un buon piatto di pasta, magari accompagnato da un ottimo vino, mette d’accordo tutta la famiglia e rende più piacevole la convivialità. E l’atmosfera delle feste sarà indimenticabile.

 

Verso il Natale 2016: le lenticchie

Cari amici di CDA continua il nostro percorso “Verso il Natale 2016” alla scoperta delle specialità enogastronomiche per un perfetto cesto delle feste e, dopo avervi parlato del cotechino, non potevamo far altro che presentare il suo accompagnamento ideale: le lenticchie.

Le origini delle lenticchie

Considerate in passato come “il cibo dei poveri”, le lenticchie hanno origini antichissime che risalgono al 7.000 a.C, periodo nel quale hanno fatto la loro prima comparsa in Asia, mentre alcune testimonianze sul loro impiego in cucina si trovano nella Bibbia e nei racconti degli antichi greci e romani.

Questo tipo di legume era poi consumato in grandi quantità anche durante il medioevo e più in generale durante i periodi di carestia, proprio grazie al suo costo esiguo e alle sue elevate qualità proteiche.

Durante il Natale, e soprattutto in occasione dell’ultimo dell’anno, le lenticchie vengono consumate come buon auspicio e simbolo di fortuna per il futuro. Tale tradizione deriva dall’antica usanza di regalare un sacchetto pieno di lenticchie con l’augurio che si trasformassero in soldi.

Le principali varietà

Le lenticchie sono un prodotto alimentare famoso e consumato in tutto il mondo. In Italia ne esistono diverse varietà ma la più pregiata è quella di Castelluccio di Norcia, piccola e morbida, che ha ottenuto il riconoscimento IGP.

Esistono tuttavia molte altre varianti come: la Lenticchia di Colfiorito, la Lenticchia verde di Altamura, la Lenticchia rossa egiziana, la Lenticchia di Villalba, la Lenticchia di Ustica e la Lenticchia di Armuna, per citarne solo alcune delle più note e apprezzate.

Proprietà nutritive e tipologie di cottura

Come dicevamo le lenticchie sono sempre state considerate come il piatto dei poveri ma tuttavia presentano moltissime proprietà nutritive. Ricche di proteine, carboidrati, oli vegetali, ferro, fosforo, vitamina B e PP; aiutano a prevenire l’arteriosclerosi e hanno proprietà antiossidanti.

Le due varianti più distribuite sul mercato sono le lenticchie secche, da consumarsi previa cottura, e le lenticchie in scatola, già pronte per essere consumate.

Verso il Natale 2016: il Cotechino di Modena

Cari amici di CDA continua il nostro appuntamento con “Verso il Natale 2016” con tutti i prodotti enogastronomici che compongono un cesto natalizio che si rispetti.

Lasciamo, almeno per il momento, i dolci delle feste per dedicarci a uno degli alimenti che più di tutti è sinonimo del Natale, ma anche del Capodanno: il Cotechino di Modena, uno dei prodotti di eccellenza della salumeria italiana, contraddistinto dal riconoscimento I.G.P. (indicazione geografica protetta) nella sezione dedicata alle preparazioni a base di carni.

Il cotechino non fa ingrassare

A differenza di quanto si possa pensare il Cotechino di Modena non è un prodotto alimentare che fa ingrassare. Un etto di cotechino infatti produce un apporto calorico di 250 calorie, meno di quelle che assumiamo mangiando un piatto di pasta scondito.

Stando alle analisi dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli alimenti e la Nutrizione (INRAN) il Cotechino di Modena presenta una grande quantità di proteine nobili, una maggiore quantità di grassi insaturi ( meno dannosi di quelli saturi), perde parte del grasso durante la cottura ed è ricco di vitamina B e minerali, elementi che fanno bene all’organismo.

 La storia del Cotechino di Modena

Consumato in grandi quantità durante le feste, e in modo particolare accompagnato da lenticchie porta fortuna, per festeggiare l’inizio di un nuovo anno, il Cotechino di Modena (insieme allo zampone) ha origini antichissime che risalgono a più di 500 anni fa.

E’ grazie all’ingegno degli abitanti del piccolo borgo di Mirandola che oggi possiamo apprezzare uno degli insaccati più gustosi della tradizione italiana; proprio qui, per evitare che le truppe di Papa Giulio II facessero razzia dei maiali, i cittadini decisero di macellare gli esemplari presenti e insaccarne le carni nella cotenna e nelle zampe.

Nei primi anni del ‘700 il Cotechino di Modena conosce la sua massima diffusione, arrivando a sostituirsi per fama alla celebre salsiccia gialla. I primi produttori su larga scala sono invece le botteghe di salumeria Frigerio e Bellentani.

Per la sua tradizione secolare questo salume è considerato l’antenato dei più pregiati insaccati italiani, apprezzato anche nel Ducato di Milano e citato dal compositore Rossini che, in una lettera indirizzata ai uno dei primi produttori di cotechino, Bellentani, scriveva così: “Vorrei quattro zamponi e quattro cotechini di Modena, il tutto della più delicata qualità”.

Impasto per cotechino Come viene realizzato il Cotechino

Come prima cosa vediamo quali sono le caratteristiche del tipico insaccato modenese: il Cotechino di Modena è composto da un impasto di carne di maiale magra con l’aggiunta di grasso e cotenna di suino più sale, pepe e altre spezie, il tutto contenuto in un budello di maiale che può essere sia naturale che artificiale.

Il primo fondamentale passaggio che caratterizza la realizzazione del Cotechino di Modena è la macinatura della carne che avviene in appositi tritacarne con fori di 7-10 mm per la parte muscolare e grassa e 3-5 mm per quanto riguarda la cotenna del maiale.

L’impasto ottenuto, dopo essere stato sgrassato con macchinari a pressione atmosferica, viene insaccato negli appositi budelli che, a differenza dello zampone, possono essere sia naturali che artificiali.

Infine va precisato che esiste un’ulteriore lavorazione a seconda che il cotechino sia fresco o precotto. Nel primo caso l’impasto viene fatto asciugare in una stufa ad aria calda mentre nel secondo caso viene fatto bollire in autoclave ad una temperatura di 115 gradi centigradi e confezionato in buste ermetiche per poter essere distribuito sul mercato.

Grana Padano e Parmigiano Reggiano: differenze e affinità

Cari amici di CDA interrompiamo il nostro viaggio “Verso il Natale 2016”, con i prodotti tipici per un perfetto cesto natalizio, per dedicarci ai due dei prodotti alimentari italiani più noti e apprezzati da tutti gli amanti del formaggio: il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, entrambi D.O.P.

Per certi aspetti molto simili i due formaggi simbolo della produzione casearia del nostro Paese presentano tuttavia caratteristiche ben precise che li contraddistinguono e li differenziano.

Vediamo allora quali sono le differenze e i punti in comune tra il Grano Padano e il Parmigiano Reggiano:

Differenze e affinità

  • TERRITORIO DI PRODUZIONE: il Grana Padano, come suggerito dal nome, è un prodotto alimentare tipico della valle padana che viene però prodotto in diverse regioni del territorio italiano: Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto ed Emilia Romagna. Il Parmigiano Reggiano invece è un formaggio realizzato esclusivamente in Emilia: a Modena, Reggio Emilia, Parma e Bologna, ad eccezione della provincia lombarda di Mantova.
  • MATURAZIONE E STAGIONATURA: il processo di stagionatura del Grana Padano dura tra i 9 e i 16 mesi fino ad un massimo di 20 mesi, in quel caso stiamo parlando di un Grana Padano Riserva. La maturazione del Parmigiano Reggiano ha invece una durata minima di 12 mesi, periodo dopo il quale il formaggio è definito Export ed Extra; solo dopo una stagionatura di 18 mesi il Parmigiano può essere definito Scelto Sperlato e per ottenere il marchio DOP deve essere sottoposto al processo di espertizzazione per verificarne la corretta forma.
  • ORIGINE, FORMA E DIMENSIONE: sia il Grana Padano che il Parmigiano Reggiano sono prodotti con latte di vacca. Anche la forma, cilindrica, è molto simile e le due facce piane di entrambe i formaggi presentano un diametro dai 35 ai 45 centimetri. A variare invece sono l’altezza e il peso: rispettivamente di 18-25 centimetri e 20-40 chili per il Grana Padano e 20-26 centimetri e minimo 30 chili per il Parmigiano Reggiano.
  • TRATTI DISTINTIVI: anche per quanto riguarda le caratteristiche il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano sono davvero molto simili. In entrambe i casi stiamo parlando di formaggi semigrassi e dalla lunga stagionatura. Sia il Grana Padano che il Parmigiano Reggiano si caratterizzano per una crosta dura e liscia di tonalità giallo paglierino ed entrambe presentano una pasta dura, friabile e granulosa di colore bianco e paglierino.
  • PRODUZIONE E LAVORAZIONE: il Grana Padano è prodotto con latte crudo munto in due momenti differenti, le due diverse derrate di latte possono essere entrambe parzialmente scremate oppure una scremata e l’altra no. Il latte viene poi inoculato tramite sieroinnesto per ottenere la cagliata naturale, grazie all’aggiunta di caglio di vitello in polvere, cagliata che viene tagliata in piccole parti e cotta in forno ad una temperatura di massimo 56 gradi. L’estrazione dal forno avviene tramite teli di lino e le forme ottenute vengono poi fatte riposare e salate in salamoia. Anche il Parmigiano Reggiano è prodotto con latte crudo munto in due differenti momenti della giornata (mattina e sera) ma a differenza del Grana Padano solo una derrata di latte può essere scremata. Anche in questo caso il latte viene inoculato con sieroinnesto e addizionato con caglio di vitello in polvere; a variare è invece la temperatura di cottura della cagliata in forno che in questo caso è di 54 gradi. La pasta ottenuta dalla cottura viene estratta con un telo di lino e tagliata e le forme vengono fatte e salare in salamoia.

Ecco un quadro generale delle più importanti differenze e affinità tra Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Per scegliere il vostro preferito non vi resta da far altro che assaggiarli entrambe.