Salame cacciatore italiano il più venduto in Germania

Il salame cacciatore, uno dei nostri più antichi e tipici salumi continua ad essere estremamente apprezzato in Germania.

Nel 2016 il salame cacciatore, seppure con una lieve flessione rispetto all’anno precedente, ha mantenuto infatti importanti quote di leadership nelle esportazioni e consumi.

Quali sono le ragioni di questo successo? E’ stato chiesto a Lorenzo Beretta, Presidente del Consorzio Salame Cacciatore.

La qualità e la praticità d’utilizzo, grazie alle ridotte dimensioni del “salamino” che lo collocano all’interno di una modalità di consumo pratico perfettamente in linea con i nuovi stili di vita.

Questo salame viene prodotto utilizzando materie prime esclusivamente italiane e nel pieno rispetto della sua antica ricetta, ovvero quella dei salamini che i cacciatori portavano con sé nelle bisacce durante le loro battute di caccia.

I Salamini Italiani alla Cacciatora DOP risultano una categoria di alimenti adatta a tutta la popolazione e a diversi momenti di consumo, in grado di soddisfare la ricerca del gusto e, allo stesso tempo, in linea con le raccomandazioni dietetiche della comunità scientifica.

Il contenuto di sale è notevolmente diminuito rispetto agli anni scorsi. Ciò grazie all’evoluzione dei sistemi di produzione e alla maggiore attenzione nella qualità delle materie prime e delle spezie utilizzate. Presentano un contenuto di sale nettamente minore rispetto al passato, in una percentuale del ben 18%.

Formaggi Italiani – non sono dannosi alla salute

Che il comparto caseario sia un nostro fiore all’occhiello non è certo una novità, in Italia ci sono circa 450 formaggi tradizionali censiti dalle Regioni e una quarantina a denominazione riconosciuti dall’UE.

I Medici così come o nutrizionisti per anni ci hanno raccontato che il cacio contiene quantità rilevanti di grassi saturi e colesterolo dannosi al nostro organismo.

I più tolleranti consigliano di consumarli non più di due volte la settimana, troppo poco per chi ne è goloso!

Siamo di fronte a una sorta di campagna denigratoria continua che ha portato l’opinione pubblica a farsi un’idea sbagliata del formaggio; ma adesso è arrivato il momento della rivincita.

Il formaggio infatti è stato riabilitato da un recente studio dell’University College di Dublino, pubblicato anche sulla rivista scientifica Nutrition and Diabetes e che sta avendo grande risonanza sui media britannici.

I ricercatori hanno concluso che le persone che consumano molto formaggio sono più in forma di quelli che non ne mangiano, e che inoltre non hanno livelli di colesterolo maggiori.

Ma non è tutto pare infatti che i partecipanti all’esperimento che hanno mangiato latticini a basso contenuto di grassi, tendevano ad avere più alti livelli di colesterolo (legati, come si sa, a un aumento del rischio di malattie cardiache e ictus).

Olio di palma SI Olio di palma NO

Olio di palma SI Olio di palma NO” scusate il gioco di parole, questo è il titolo di un convegno che si è svolto di recente a Napoli, presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II.

E’ stato probabilmente l’ultimo tentativo per assolvere questo ingrediente presente in moltissimi cibi, ricco di grassi saturi e responsabile della deforestazione delle foreste pluviali.

Ricordiamo che l’olio di palma è un prodotto presente in prevalenza nei prodotti da forno, creme spalmabili e merendine preparati a livello industriale.

L’incontro, organizzato dal professor Alberto Ritieni del Dipartimento di Farmacia ha coinvolto il professor Gabriele Riccardi, ordinario di Malattie del Metabolismo presso l’Università Federico II e il dottor Marco Silano, direttore del Reparto Alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità.

I relatori durante il convegno hanno sottolineato che è necessaria una certa cautela nell’uso dell’olio e degli alimenti che lo contengono evidenziando che si tratta di un ingrediente con un contenuto di acidi grassi saturi- responsabili dell’innalzamento dei livelli di colesterolo nel sangue – superiore alla maggior parte degli altri oli quali: olio d’oliva, olio di semi di girasole, olio di soia e olio di mais.

Solamente il burro ha un contenuto percentuale di acidi grassi saturi simile a quello dell’olio di palma, ma c’è una differenza significativa. L’acido palmitico dell’olio tropicale di palma è presente in quantità doppia rispetto al burro.

Conclusioni: si raccomanda di sostituire l’olio di palma quando è possibile, con altri grassi anche se inevitabilmente più costosi.
Cambiare l’ingrediente contribuirà in futuro a mantenere sotto controllo i livelli di colesterolo riducendo, così, il rischio cardiovascolare dei consumatori.

Nel corso del convegno gli esperti hanno inoltre evidenziato i potenziali problemi dell’olio di palma dovuti alla presenza di sostanze cancerogene derivate dal processo di raffinazione.
Il consumo abituale di prodotti alimentari contenenti quantità rilevanti di olio di palma è stato indicato come potenzialmente rischioso, soprattutto per bambini e adolescenti.

8 Marzo Festa Della Donna – Le donne del vino festeggiano prima

Sono: produttrici, ristoratrici, sommelier, ma anche addette alla comunicazione, in Italia le donne del vino sono circa 700 e quest’anno celebrano la festa della donna con qualche giorno d’anticipo.

Da sabato 4 marzo cominceranno i brindisi delle Donne del Vino.

Si tratta di un evento diffuso in tutta Italia con appuntamenti nelle cantine, enoteche e ristoranti.
È la prima edizione di questa festa e sarà una vera rivoluzione nel mondo del vino dove gli uomini hanno sempre avuto il ruolo di protagonisti.

Già un anno fa nel 2016 la Delegazione Toscana, guidata dalla Delegata Antonella d’Isanto, aveva organizzato con grande successo un’edizione sperimentale che quest’anno diventa a tutti gli effetti Nazionale.

Non c’è da stupirsi visto che secondo dati Artea in riferimento alla produzione di vino del 2016, in Toscana, almeno un terzo delle imprese del settore risultano essere condotte da donne.

Dunque un settore e un profilo in crescita, che a questo punto merita una celebrazione ufficiale nella prima decade di Marzo, tipicamente dedicata alla donna.

Vino Chianti – Il consorzio del Chianti alza la sua qualità

Il Consorzio del Chianti ha pensato di applicare una vecchia regola imprenditoriale per aumentare la qualità del famoso vino toscano.

E’ risaputo che diminuire la quantità di produzione per incentivare la qualità del prodotto è una regola che funziona ed è anche la direzione intrapresa dal Consorzio Vino Chianti di modificare il disciplinare in occasione dell’assemblea dei soci riunita di recente a Firenze.

L’iniziativa era già pianificata da tempo ma è stata anticipata di un anno, i soci del consorzio hanno scelto di ridurre le rese ‘a ceppo’ da 5 a 3 chilogrammi relativa alla produzione dei vecchi vigneti che fino ad oggi godevano di un regime in deroga particolare.

Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti ha spiegato che questa scelta permetterà di riequilibrare la Denominazione e metterla in condizione di competere a livello mondiale con le altre denominazioni – garantendo una migliore qualità del vino Chianti.

Gli amici del comparto enogastronomico toscano sono sicuri che in questo modo si potrà abbinare molto meglio il loro vino ai piatti tipici della Toscana e così si potranno incrementare le vendite, soprattutto nel sud-est asiatico, continente in cui c’è più richiesta e dove il Consorzio Chianti sta promuovendo maggiormente in questi ultimi mesi.

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Le tendenze della ristorazione per il 2017

The Fork è un APP che permette di prenotare in tempo reale in migliaia di ristoranti in tutta Italia.

L’organizzazione che la gestisce ha condotta una ricerca tra i propri utenti in Italia per provare a rispondere a quelle che sono alcune delle nuove tendenze gastronomiche e della ristorazione.

Dai risultati si evince che i consumatori sono sempre più informati e attenti alla scelta del locale in cui mangiare, e si orientano verso ristoranti e locali conviviali e aperti al nuovo, ma allo stesso tempo legati alla tradizione.

La metà degli italiani intervistati si aspetta di andare al ristorante da 2 a 5 volte al mese, mentre il 15,5% pensa di consumare un pasto fuori casa e con servizio al tavolo ogni 30 giorni.
Il 36% ha dichiarato di spendere meno di 10 euro alla settimana per i soli pranzi al ristorante, mentre il 45% prevede di spendere da 10 a 30 euro.
Per le cene il budget si alza leggermente: il 78% dei rispondenti spenderebbe nell’arco di una settimana da 10 a 50 euro.
Nel complesso, la maggioranza degli intervistati non intende destinare a questa voce più di quanto le abbia destinato nel 2016.

Le occasioni per mangiare fuori casi degli italiani sono: la cena con la classica “riunione tra amici”, seguite dalle cene romantiche (32,4%), quelle con i familiari (29,2%), i pasti da soli (3,2%) e gli incontri di lavoro (2%).

La migliore colomba pasquale del 2017

A Pasqua il più classico dei dessert è la fetta di colomba, sul mercato ormai come per il panettone se ne trovano di tutti i tipi e gusti; sono finiti i tempi come negli anni sessanta/settanta quando tipicamente la colomba classica chiudeva il pranzo pasquale.

Oggi, al cioccolato o alla frutta oppure in qualunque altra gusto non importa, la cosa più importante per noi è che sulle nostre tavole ci siano colombe di qualità.

Quest’anno a Saint Vincent, in Val d’Aosta, sede della storica Pasticceria Morandin si sono riuniti
tutti i migliori pasticceri d’Italia per “La Primavera è dolce”, una manifestazione pensata per far conoscere al pubblico i lievitati pasquali più buoni della Penisola (Fonte cucina.corriere.it).

In questa occasione una giuria di esperti pasticceri e giornalisti si è riunita per decretare il miglior lievitato di Pasqua.
Gli esperti hanno assaggiato 23 colombe classiche.

I criteri di valutazione sono stati l’estetica, un elemento ormai indispensabile per qualunque cibo, ma anche.. olfattivo e gustativo.

A presiedere la giuria il padrone di casa Rolando Morandin, che insieme ai giurati ha eletto come “Regina Colomba” quella di Salvatore Gabbiano di Pompei.

Export salumi italiani si apre un nuovo mercato

Ci informano che un nuovo e “ricco” mercato extra-CEE, si aggiunge tra quelli in cui è possibile esportare i prodotti Made in Italy e più precisamente dei salumi italiani nelle Filippine.

Dopo una lunghissima negoziazione incominciata nel 2015 il Ministero della Salute italiano, ha annunciato e ufficializzato l’apertura del mercato filippino ai nostri salumi e alle carni suine.

Un successo condiviso con ASSICA – Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi, dopo una visita nel nostro paese delle Autorità sanitarie delle Filippine, che hanno verificato personalmente gli standard qualitativi e produttivi assicurati da questo comparto alimentare.

Secondo il presidente ASSICA Nicola Levoni – il mercato filippino ha buoni potenziali di crescita per la vendita e l’incremento delle esportazioni di salumi in Asia.

Quali sono i principali vantaggi per i produttori di salumi in Italia?

Prima di tutto quasi 100 milioni di abitanti, con un mercato e un’economia pienamente immersi nel boom asiatico.
Pil in crecita (+6%) negli ultimi anni solo la Cina ha saputo far meglio di loro.
Le Filippine hanno una popolazione giovane con la propensione al consumo fra le più alte dell’area e in costante aumento.

La buona propensione al consumo rende i prodotti alimentari italiani estremamente popolari e ricercati, nelle Filippine c’è una crescente richiesta sia di base che del comparto gastronomico.
Va detto inoltre che la presenza in Italia della più ampia comunità filippina in Europa rafforza inoltre la prossimità tra i due Paesi.

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Vendita alimentari online

Da qualche settimana stiamo pubblicando delle statistiche riguardanti il settore dell’enogastronomia,
se vi siete persi gli articoli vi ricordiamo di guardare il post con i dati dell’esportazione di vino e cibo nel mondo oppure del prosecco diventato il numero uno tra gli spumanti italiani più venduti all’estero.

Oggi invece “parliamo” di ecommerce per annunciarvi con estrema soddisfazione il crescente successo della vendita online di alimentari, settore merceologico a cui apparteniamo storicamente da tempo.

Le vendite su Internet di cibo sono ancora una nicchia visto che rappresentano il 3% del totale delle vendite online degli e-commerce italiani, ma va detto che i siti web specializzati nella vendita di alimentari online stanno aumentando sensibilmente ed è previsto per loro un roseo futuro.

Ma quanti sono gli italiani che acquistano online?

Oltre 4 milioni con l’aggiunta di un 55% che ancora non lo fa, ma che ha dichiarato di voler provare molto presto.

Come funzionano i siti di vendita online di prodotti alimentari più diffusi?

Ci sono negozi nei quali è possibile fare la spesa e farsela consegnare comodamente a casa, fanno parte di questa categoria sia siti web che offrono un assortimento completo che di specifiche categorie come ad esempio l’ortofrutta.
Negozi dove si può fare l’ordine online e il cliente può ritirare successivamente la spesa presso il punto vendita.

Quali sono i prodotti più cliccati?

Tutti anche se i piatti già pronti sono tra i più gettonati, il 19% degli acquirenti online ordinano infatti da casa prodotti come pizza e sushi.
Grosso successo, anche, delle specialità gastronomiche locali che si trovano più facilmente online grazie a siti specifici piuttosto che nei negozi tradizionali.

Vini italiani e Cantine grosse novità in arrivo dall’estero

Nei giorni scorsi nell’articolo intitolato il valore del cibo italiano nel mondo vi abbiamo “detto” che il nostro vino è il prodotto più ricercato all’estero.

Ma quali sono i migliori vini italiani e quali novità sono in arrivo?

A nostro parere sono tantissimi tuttavia per non sbagliarci abbiamo voluto prendere spunto da una recente intervista rilasciata al Corriere Della Sera dalla sommelier americana Monica Larner che dal 2013 è la responsabile per l’Italia di Wine Advocate.

Durante questa intervista ha citato alcuni dei suoi vini italiani preferiti ma soprattutto ha dichiarato che nel 2017 probabilmente nuovi stranieri acquisteranno altre nuove cantine da produttori italiani seguendo un trend che già nel corso del 2016 è cresciuto sensibilmente.

La donna, che è in Italia da quando aveva l’età di 11 anni, nell’intervista ha detto “Nel 2017  mi occuperò in modo democratico del Nord, Centro e Sud. Per la Basilicata ho un particolare amore, il Vulture e il suo Aglianico mi affascinano. Punto sul Nerello Mascalese dell’Etna, dove vado spesso. Può conquistare nuove frontiere. Quest’anno continuerò a girare in Piemonte, Veneto e Toscana, dove ci sono denominazioni che offrono qualità incredibile.” Poi aggiunge: “Sono colpita dall’evoluzione del Chianti Classico. A Nordest mi aspetto risultati interessanti per Friulano, Malvasia, Sauvignon e Pinot bianco.

Monica Larner ha recentemente scritto un articolo sulle cantine italiane acquistate da stranieri.

La sommelier è convinta, ed è questa la novità, che le vendite continueranno: “Il mercato è fluido in tutto il mondo. Produrre vino non costa molto. Ma per venderlo, ora bisogna spendere di più. Bisogna viaggiare. Investire in biglietti aerei, hotel e ristoranti. Avere a che fare con il cambio monetario. Per le aziende piccole è sempre più impegnativo. Quelle più grandi sono più agili e più pronte: sono favorite. Un fenomeno che nel 2016 ha avuto una forte accelerazione.

Riguardo alle aziende italiane la Larner si aspetta alcune novità: “Sono curiosa di vedere come le grandi affronteranno il cambiamento generazionale: Antinori, Tenuta San Guido e le altre. I figli degli attuali patron hanno viaggiato, parlano le lingue, hanno frequentato scuole enologiche. Sarà interessante vedere se ci saranno cambiamenti stilistici.