Prosecco il numero uno tra gli spumanti italiani

Le festività sono appena finite e il vino inevitabilmente è stato tra i protagonisti a tavola in particolare grazie agli spumanti italiani che come ogni anno nel mese di dicembre hanno raggiunto l’apice dei consumi.

E’ stato soprattutto il prosecco a farla da padrone anche se va aggiunto che c’è stato un piccolo rallentamento delle vendite a causa del calo dei consumi dei vini fermi.

Stati Uniti e Regno Unito che insieme valgono il 33 per cento delle importazioni di vino al mondo, mostrano infatti un quadro poco rassicurante.
Negli ultimi cinque anni l’importazioni dei nostri vini nel mercato americano sono aumentate del 61 per cento a valore e del 26 per cento a volume, un buon risultato si potrebbe dire, superiore alla media di mercato (52 per cento a valore), ma ben lontani da alcuni paesi come la Neo Zelanda e la Francia.

Il dato allarmante per noi è che che questi risultati i nostri vini li ha fatti il Prosecco da solo.

Il rallentamento dei vini fermi è stato del meno 2,6%, invece gli spumanti sono cresciti del 25,5% e di questi
3 su 4 spumanti italiani stappati all’estero sono bottiglie di Prosecco.

Ma non solo Export per Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg che ha chiuso complessivamente il 2016 con 90 milioni di bottiglie vendute.

Esportazione Cibo e Vino Italiano

Il valore del cibo italiano esportato e dei nostri Vini in tutto il mondo nel 2016 ha ottenuto il miglior risultato di sempre.

L’anno scorso la quota riguardante l’esportazione di prodotti agroalimentari italiani ha raggiunto 38 miliardi di euro con una crescita del 3%.
Il dato è stato comunicato dalla Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero fino al settembre 2016.

A trascinare tutto il comparto enogastronomico italiano sono le esportazioni rivolte ai Paese dell’Unione Europea anche se va detto che il cibo made in Italy viene sempre più richiesto da tutti i principali mercati alimentari del mondo a partire dal Nordamerica ma anche Asia e Oceania.
Solo in Russia l’export continua a soffrire pesantemente gli effetti dell’embargo.

E’ il Vino Italiano il prodotto più ricercato, il suo valore rappresenta la consistente cifra di 5,6 miliardi di euro in crescita del 3% rispetto all’anno precedente.
Anche i prodotti ortofrutticoli (5 miliardi e +4%), e i formaggi (2,4 miliardi e +7 per cento), l’olio che fa segnare un +6% sono tra i prodotti alimentari Italiani più richiesti all’estero.

Tra le note più positive che vi vogliamo segnalare c’è il crescente successo del vino italiano in casa degli altri principali produttori, con gli acquisti che crescono in Francia (+5%), Stati Uniti (+3%), Australia (+14%) e Spagna (+1%).

Da sottolineare che in Francia lo spumante italiano ha ottenuto un incremento del +57%, in questo stesso paese sono cresciute anche dei nostri formaggi (+8%), ricercatissimi anche in Cina (+34%).
Nel gigante asiatico, che alcuni vorrebbero come inventore degli spaghetti, trionfa anche la pasta che registra un +16%.

Ma ora torniamo ad analizzare i dati delle nostre bevande perchè possiamo “dire” NON SOLO VINO… anche le vendite della birra italiana sono cresciute nei paesi nordici, in Germania, Svezia e anche in Gran Bretagna con un vero e proprio exploit nell’Irlanda della Guinness (+31%).
Ottimi risultati anche dei salumi italiani e prosciutti nazionali in crescita in Germania e Stati Uniti in quest’ultimo caso grazie anche al superamento del blocco durato 15 anni delle esportazioni nazionali in Usa.

Secondo Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, “Il record fatto segnare dai prodotti agroalimentari italiani sulle tavole straniere è significativo delle grandi potenzialità che hanno il nostro cibo e i nostri vini che traina la ripresa dell’intero Made in Italy”.

Il successo dei nostri prodotti sui mercati internazionali potrebbe migliorare sempre di più con una più efficace tutela nei confronti della ‘agropirateria’ internazionale che fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale. All’estero sono falsi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre”, una ragione in più per acquistare CIBO & VINI ITALIANI ORIGINALI nel nostro catalogo!

Verso il Capodanno 2016: cotechino vs zampone, affinità e differenze

Cari amici di CDA eccoci giunti all’ultimo appuntamento dell’anno con i nostri prodotti gastronomici per le feste del 2016. Su una tipica tavola di capodanno non possono mancare due icone del periodo: lo zampone e il cotechino. Insaccati molto simili ma anche molto diversi, scopriamo insieme cosa li contraddistingue.

Zampone vs cotechino

Zampone e cotechino hanno entrambi alla base la preparazione di carne suina speziata, ma la differenza consiste nel taglio di carne utilizzata per preparare il ripieno e l’involucro.

L’involucro del cotechino è fatto di budello di maiale, anche se ne esistono delle varianti a base di budello artificiale. Per lo zampone si utilizza invece la zampa anteriore del suino che viene pulita in modo tale da far rimanere la cotenna, le unghie e le dita.

Per quanto riguarda invece il ripieno, i due insaccati sono molto simili. Entrambe sono farciti con carne e cotenna, macinati con sale e spezie per arricchirne il gusto e il sapore.

Le origini del cotechino e dello zampone

Il cotechino ha origini più antiche rispetto allo zampone, infatti la tradizione di conservare carni fresche nel budello di maiale risale ad antiche abitudini della Regione Friuli Venezia-Giulia. Questo insaccato deve il suo nome alla cotenna del maiale, detta cotica, e si consuma prevalentemente durante la notte di Capodanno, accompagnato dalle lenticchie come buon auspicio.

La nascita dello zampone è legata ad un evento storico del 1511, l’assedio di Mirandola da parte delle truppe di Papa Giulio II della Rovere. In questa occasione i cittadini pensarono di conservare la carne suina nella zampa anteriore dei maiali, in base al suggerimento del cuoco di Pico della Mirandola.

 CDA augura a tutti voi un felice anno nuovo. Arrivederci al 2017 con tanti altri prodotti tipici del patrimonio enogastronomico italiano.

Verso il Natale 2016: il foie gras

Cari amici di CDA Market, in questa ultima tappa gastronomica “Verso il Natale 2016″ ci soffermiamo sul foie gras, uno dei simboli più noti della cucina francese e molto presente anche sulle nostre tavole, soprattutto durante le feste.

Questo prodotto può essere impiegato come ingrediente nella preparazione di alcune succulenti pietanze, ma il suo sapore così particolare fa sì che possa essere consumato molto spesso come materia principale, semplicemente abbinato a una tartina e a un buon bicchiere di vino.

Cos’è il foie gras

La legge francese definisce il foie gras come il fegato dell’oca o dell’anatra, alimentata forzatamente al fine di farlo ingrossare.
Il foie gras che arriva sulle nostre tavole proviene principalmente dalla Francia, soprattutto la parte sud-occidentale e in modo particolare dalla Dordogna, dove viene realizzato quello a marchio IGT (Indication Géographique Territoriale, il corrispondente francese al nostrano IGP).

Il foie gras può essere d’oca oppure di anatra. Quello d’oca è più raro, ha un sapore delicato ed è considerato più pregiato. Quello d’anatra, invece, ha un gusto più intenso, è più diffuso e meno costoso del primo. Inoltre, ci sono diversi tipi di foie gras a seconda della composizione del prodotto. Si passa dal foie gras entier, il più pregiato perchè composto solo da due fegati diversi, al paté de foie gras, formato per il 50% di foie gras. Il foie gras può anche essere cru (crudo), mi cuit (quando viene pastorizzato a 70°) e cuit (se è stato sterilizzato a 100°).

Come utilizzare il foie gras

Uno dei migliori modi per apprezzare il sapore del foie gras è quello classico su crostini, tartine o pan brioche abbinato a un ottimo vino. La tradizione consiglia un Sauternes, un Montbazillac o un Bergerace ma va benissimo anche un buon vecchio Barolo italiano.

Se, invece, si vuole impiegare il foie gras in qualche ricetta, sono da provare il risotto al nero di seppia con il foie gras, i ravioli ripieni di foie gras e mele conditi con una gustosa salsa a base di scalogno oppure delle semplici, ma altrettanto saporite, scaloppine di foie gras, accompagnate da un classico purè di patate. Le fette di foie gras devono essere scaldate in una saporita salsina composta da burro, salvia, brandy, funghi porcini e brodo di carne (preferibilmente di vitello).

Con questa ultima prelibatezza si conclude il nostro viaggio nella gastronomia, italiana e non, verso il Natale 2016. CDA augura a tutti buone feste!

Verso il Natale 2016: il caviale

Cari amici di CDA market, quanti prodotti abbiamo già incontrato nel nostro cammino verso il Natale 2016? Ebbene, non abbiamo ancora finito. Oggi vogliamo parlarvi del caviale, una squisitezza che tanti, visto il costo elevato, si concedono giusto solo nel periodo natalizio.

uova-salmone

 Ma cos’è esattamente il caviale?

Il caviale è un alimento che si ricava dalla lavorazione e dalla salatura delle uova di un pesce chiamato storione. E’ un composto spalmabile di colore scuro, formato da tanti granuli (le uova) dal gusto più o meno delicato.

Alcuni tipi di caviale, meno pregiati dell’originale di storione, e quindi più economici, si ricavano da uova di salmone (il cosiddetto caviale rosso) oppure da uova di lompo che vengono colorate artificialmente di rosso o di nero.

La produzione di caviale, purtroppo, ha portato quasi all’estinzione delle popolazioni di storioni un po’ in tutto il mondo (ne sopravvivono alcune colonie nel Danubio e nelle zone del Mar Nero e del Mar Caspio), tanto che il CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) ha messo sotto tutela questa specie di pesci, assegnando ad ogni paese una quota propria di produzione ed esportazione che non deve essere superata.

Di conseguenza la maggior parte del caviale oggi in commercio proviene da allevamenti diffusi un po’ in tutto il globo, anche in paesi come il Cile o gli Emirati Arabi in cui gli storioni non sono mai stati presenti in natura. Anche l’Italia fa la sua parte: in provincia di Brescia esiste l’allevamento più grande del nostro paese, che produce ogni anno più di 25 tonnellate di caviale.

Il ciclo di produzione è molto lungo, si parla di un periodo variabile dai 5 ai 18 anni, a seconda della specie di pesce allevata, e questo spiega, almeno in parte, l’elevato costo di questo prodotto.

La buona notizia è che comunque il caviale proveniente dagli allevamenti ha le stesse caratteristiche di gusto e qualità di quello proveniente da colonie di storioni che vivono in libertà.

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Come gustare il caviale

Il modo più rapido, gustoso e apprezzato consiste nel servirlo semplicemente sui crostini come antipasto durante il cenone di Natale o di Capodanno. In questo modo ne basta poco per ciascun commensale, anche perché ha un gusto deciso, su ogni tartina ne metterete una minima quantità.

Potete naturalmente usarlo anche per farcire uno degli strati del vostro panettone gastronomico, rendendolo davvero irresistibile gustarlo come ripieno per i salatini di pasta sfoglia. Se volete una salsa diversa dal solito da spalmare sulle tartine, mescolate il caviale al burro e tenetelo in frigo fino al momento di servire.

Potrete anche stupire i vostri ospiti servendo un primo piatto davvero raffinato e particolare, usando il caviale come condimento per la pasta (perfetto un formato corto, tipo le farfalle) abbinandolo a dell’ottimo salmone affumicato.

 E il caviale si presta ovviamente ad essere inserito in un cesto natalizio ricco e raffinato. Lo sceglierete nella classica confezione in vetro, nel formato che preferite, scuro o rosso, in base ai gusti della persona a cui è dedicato. Per regalare un cesto davvero perfetto, non dimenticate di abbinare al caviale una confezione di salmone affumicato e una bottiglia di spumante di ottima qualità. E magari qualcosa di dolce.

Verso il Natale 2016: il salmone affumicato

Cari amici di CDA Market, oggi vi presentiamo una specialità particolarmente pregiata che non può mancare nel nostro percorso “Verso il Natale 2016”: il salmone affumicato.

Un alimento versatile, adatto a molte preparazioni diverse, ma il giorno di Natale lo possiamo servire semplicemente accompagnato da una tartina leggermente imburrata, il modo migliore per esaltarne il gusto ed apprezzarlo fino in fondo.

Un antipasto veloce da preparare, bello da vedere e di sicuro gradimento da parte di tutti che con il suo colore rosato, simile ad un fiore, mette allegria e vivacità in tavola ancora prima di assaggiarlo.

 Non bisogna esagerare nel consumarlo perché è un alimento particolarmente calorico, ma il salmone affumicato è anche ricco di omega 3, acidi grassi in grado di tenere sotto controllo il livello di colesterolo.

 Le caratteristiche del salmone

I salmoni sono pesci decisamente particolari: nascono in acqua dolce, presso le sorgenti dei fiumi, ma quasi subito li ridiscendono fino a giungere nell’Oceano Atlantico.

Qui crescono e diventano adulti, fino a raggiungere anche lunghezze di 1,5 m e quando arriva il momento di riprodursi ritornano al loro fiume, ne risalgono il corso controcorrente con poderosi balzi dentro e fuori e dall’acqua e vanno a deporre le uova nello stesso luogo in cui sono nati, in un ciclo vitale infinito. Esistono comunque anche alcune specie di salmoni che vivono sempre nell’acqua dolce di laghi e fiumi, per esempio in Finlandia e Russia.

Il salmone viene pescato prevalentemente in Canada, Scozia, Irlanda e Norvegia ma viene anche allevato un po’ ovunque nel mondo, anche in Italia, per far fronte all’elevata domanda del mercato. E qualitativamente, anche il salmone d’allevamento è ottimo e non ha nulla da invidiare a quello che si trova in natura.

Come si prepara il salmone affumicato

Una volta pescato, il salmone viene eviscerato, segue l’operazione di filettatura e successivamente il filetto viene posto sotto sale in contenitori di legno.

 A questo punto i metodi di affumicatura possibili sono due: a freddo o a caldo. Il primo tipo di lavorazione prevede che il salmone venga affumicato per circa 12 ore ad una temperatura mai superiore ai 20° C, il secondo metodo invece prevede l’affumicatura con legno di betulla a 120°C per i primi 20 minuti e poi a 80° C per le successive tre ore.

 Il salmone affumicato è acquistabile in buste sottovuoto più o meno grandi, dai 50 grammi in su a seconda del numero di commensali previsti.

 Se vogliamo fare un regalo speciale a qualcuno che ci è particolarmente caro, ricordiamoci di mettere una confezione di questo pesce prelibato nel cesto di Natale. Insieme ad una buona bottiglia di spumante e magari un panettone artigianale, porterà il gusto delle feste ovunque desideriamo.

Verso il Natale 2016: il panettone gastronomico

Cari amici di CDA Market, Natale è sempre più vicino e oggi vi vogliamo accompagnare alla scoperta di una specialità che è diventata ormai la protagonista delle tavole natalizie: stiamo parlando del panettone gastronomico.

Che cos’è il panettone gastronomico

Il panettone gastronomico è la versione salata del dolce natalizio per antonomasia, fatto con lo stesso impasto ma, ovviamente, senza uvette, canditi, glassa di zucchero o altre farce dolci.

Questo prodotto tipico del Natale, dopo la lievitazione e la cottura, viene suddiviso in tanti dischi orizzontali che vengono farciti con ingredienti e preparazioni diverse. In questo modo, nel momento in cui si taglia la classica fetta, ogni commensale riceve un assaggio di tutte le farce sovrapposte, in forma di tramezzino.

Il panettone salato è l’antipasto natalizio per eccellenza, in grado di soddisfare i gusti di tutti, grandi e piccoli, e di portare l’allegria in tavola.

Come si prepara e come si farcisce il panettone

La ricetta base prevede la preparazione di un impasto con farina, burro, latte, uova, lievito di birra, partendo dalla biga (cioè una piccola parte di impasto che servirà per far lievitare perfettamente tutto l’insieme) che deve riposare per dodici ore prima di poter essere usata.

Si aggiungono poi gli altri ingredienti, impastandoli bene per ottenere un panetto liscio ed omogeneo che va fatto lievitare per quattro ore coperto con pellicola trasparente. Trascorso questo tempo si lavora l’impasto, dandogli tutte le pieghe necessarie, e lo si pone nel classico stampo di carta, lasciandolo lievitare per altre quattro ore, finché non raggiunge il bordo dello stampo.

Si procede poi con la cottura in forno. A cottura ultimata il panettone gastronomico viene sfornato e lasciato a raffreddare, tenendolo capovolto, utilizzando gli appositi spilloni che impediscono alla calotta di toccare il tavolo e sgonfiarsi. Una volta raffreddato lo si pone in frigorifero in attesa di essere tagliato e farcito.

 Le farce possono essere le più diverse: gamberetti, insalata russa, crema di asparagi o di carciofi, affettati di vari tipi, formaggi morbidi e spalmabili in diversi gusti. E per una versione davvero ricca e gustosa, salmone affumicato e caviale.

Il re degli antipasti di Natale

Ma se non siete esattamente degli chef esperti nella realizzazione di prodotti lievitati, o se non avete il tempo di dedicarvi alla lunga preparazione necessaria, potete acquistare il vostro panettone gastronomico già pronto per essere messo in tavola, preferibilmente in una versione artigianale, il più possibile simile a quella casalinga.

 E se volete fare un regalo davvero gradito ad una persona speciale che vi è molto cara, potrete inserirlo in un cesto natalizio appositamente dedicato, magari abbinato ad un buon spumante e ad una scatola di ottimi cioccolatini. Sarà un regalo sicuramente gradito e apprezzato, che vi farà fare anche un’ottima figura.

Verso il Natale 2016: il gianduiotto

Cari amici di CDA Market, eccoci ad una nuova tappa del nostro cammino verso il Natale 2016. Oggi parliamo di una vera bontà creata nel XIX secolo da un mastro cioccolataio davvero ingegnoso: il gianduiotto.

Si tratta di un cioccolatino tipico piemontese, dalla caratteristica forma a barca rovesciata ottenuto impastando insieme tre ingredienti fondamentali: cacao, zucchero e la varietà di nocciola detta Tonda Gentile del Piemonte.  Il gianduiotto, per queste sue caratteristiche, è stato riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale (PAT).

Come e quando nasce il gianduiotto

Nella seconda metà dell’800, Michele Prochet, artigiano del cioccolato alla Caffarel di Torino, si trovò ad affrontare un serio problema: da un lato esisteva il blocco napoleonico contro le importazioni dalle colonie inglesi che faceva quindi arrivare in Europa approvvigionamenti di cacao decisamente ridotti rispetto alle necessità e dall’altro la domanda di cioccolato sempre più crescente da parte dei consumatori, ormai completamente affascinati e dipendenti da questo nuovo prodotto.

Per trovare una soluzione, Prochet pensò di giungere ad un compromesso tra le due cose: decise di provare a produrre della cioccolata con meno cacao sostituendolo con un ingrediente molto comune in Piemonte e cioè le nocciole, facendole prima tostare nel forno e poi macinandole finemente.

Nasce così, nel 1865, il gianduiotto che prese il nome dalla maschera Gianduja a cui era affidato il compito di pubblicizzarlo e distribuirlo per le strade di Torino durante il carnevale (alcuni sostengono infatti che la forma di questo cioccolatino non sia una barca ma una delle punte del tricorno indossato da Gianduja).

 Ed è stato subito un successo tanto inarrestabile, che questo cioccolatino è giunto fino ai giorni nostri, 150 anni dopo, senza subire modificazioni di sorta. A titolo di curiosità vi diciamo che il gianduiotto è stato il primo cioccolatino incartato singolarmente. E ancora oggi, come in origine, viene confezionato nella classica carta color oro o argento.

Bontà e tradizione

Il tipico cioccolatino piemontese viene prodotto da Caffarel e Pernigotti in grani quantità ma anche da altre aziende piccole e grandi, che seguono alla lettera la ricetta originale.

Alcune applicano ancora il metodo di produzione artigianale senza l’uso di stampi, altre invece utilizzano un procedimento industriale con stampi, più veloce, ma che origina gianduiotti con meno cacao rispetto al procedimento tradizionale.

Comunque venga prodotto, il gusto del gianduiotto, morbido, caldo e vellutato, dato dalla mescolanza di cacao e nocciole, è unico e inconfondibile, un vero piacere per il palato. Un prodotto che non può mancare in un cesto natalizio ricco, goloso e invitante.

Verso il Natale 2016: l’insalata russa

Carissimi amici di CDA Market, vi accompagnamo anche oggi in una nuova tappa del nostro percorso Verso il Natale 2016.

Come avete potuto vedere, tappa dopo tappa, le possibilità per riempire un cesto natalizio d’effetto e di buon gusto sono praticamente infinite. Ma oggi vogliamo parlarvi di un prodotto che magari non rientra in quelli canonici che ci vengono in mente come possibile regalo gastronomico, ma che è sicuramente sinonimo di freschezza e originalità: l’insalata russa.

Gli ingredienti dell’Insalata russa

L’insalata russa è un mix ben calibrato di maionese e verdure (di solito patate, carote e piselli, ma esistono diverse variazioni sul tema), soffice e dal gusto delicato, perfetta da presentare come antipasto durante il cenone della vigilia o il pranzo del giorno di Natale.

verdure

Ma dove e quando nasce questa prelibatezza?

Le origini sono abbastanza controverse, pare però che la teoria più attendibile sia quella che vede come inventore uno chef francese, Lucien Oliver, che nella seconda metà dell’ottocento si trovava al servizio del famoso ristorante Hermitage di Mosca. Da qui l’aggettivo russa rimasto ad identificare questo piatto particolare.

 Alcuni sostengono invece che l’origine dell’insalata russa, sia molto più antica, anche di qualche secolo. E che soprattutto l’insalata russa di allora fosse molto diversa da quella a cui siamo abituati oggi, in quanto all’epoca si era soliti prepararla anche con medaglioni di carne, crostacei e addirittura caviale nella sua versione più prelibata. Sicuramente un piatto per i signori e per le grandi occasioni.

Quale che sia la verità, oggi poco ci interessa. La cosa importante è poterci gustare questa bontà da sola o accompagnata a crostini di pane o altre pietanze.

La ricetta originale

Preparare l’insalata russa in casa non è molto difficile: la cosa più complicata è realizzare una buona maionese emulsionando insieme, aiutandovi con uno sbattitore elettrico, i tuorli d’uovo con un po’ di aceto, l’olio di semi aggiunto a filo ed il succo di limone. Ma se non siete abbastanza esperti potete utilizzare una maionese già pronta, di buona marca.

Dovete poi sbucciare le patate e pulire le carote quindi tagliarle e dadini. I piselli vanno semplicemente sgranati (se usate quelli surgelati saranno già pronti). Tutte le verdure vanno poi cotte al vapore, fatte raffreddare e mescolate alla maionese, eventualmente insieme ad un uovo sodo sbriciolato.

L’insalata russa a questo punto è pronta per entrare nel vostro frigorifero, conservata in un contenitore ben chiuso, e attendere il momento di essere servita.

L’insalata russa già pronta

Ma se non siete dei maghi dei fornelli, o se preferite dedicarvi ai vostri ospiti invece di trafficare in cucina, potete servire un’insalata russa confezionata ma di ottima qualità. La trovate già porzionata in comode vaschette o barattoli, fresca come appena fatta, di diverse marche.

 A voi rimane solo da scegliere la vostra preferita e metterla sul vassoio degli antipasti o aggiungerla ai vostri piatti per dargli quel tocco particolare in più.

Verso il Natale 2016: cantucci e vin santo

Cari amici di CDA Market oggi, nel nostro cammino verso il Natale 2016 incontriamo un’accoppiata decisamente vincente: i cantucci e il vin santo.

I cantucci (detti anche biscotti di Prato), per i pochi che ancora non li conoscessero, sono degli ottimi biscotti secchi toscani, a base di mandorle, ottenuti nella loro classica forma allungata, dal taglio in diagonale del panetto di impasto ancora caldo dopo la cottura. Il nome cantuccio viene appunto da “canto” che significa angolo. Non per nulla, in Toscana, il mobile angolare è ancora oggi detto cantoniera.

 Come si preparano i cantucci

L’impasto base dei cantucci viene fatto con farina, zucchero, uova, burro e mandorle: volendo nella ricetta si può sostituire lo zucchero con il miele. Esistono comunque anche alcune variazioni sul tema, per esempio con l’utilizzo di nocciole al posto delle mandorle. La frutta secca viene in ogni caso utilizzata al naturale, cioè sgusciata ma non pelata nè tostata.

Si tratta di un dolce con una lunga storia e tradizione, la cui ricetta è documentata sin dal XVII secolo ed è arrivata praticamente invariata fino ai giorni nostri.

Il cantuccio è buonissimo mangiato da solo, o anche consumato insieme al latte o al tè per colazione, ma l’abbinamento universalmente noto e apprezzato da tutti è inzuppato in un bicchierino di vin santo.

Cantucci e vin santo

Anche il vin santo ha origini antiche, si trovano tracce della sua presenza già nel XIV secolo. Si tratta di un vino toscano dolce, da dessert, ottenuto da uve di tipo Trebbiano e Malvasia. Essendo un vino liquoroso, con un’elevata gradazione alcolica, da consumare in quantità ridotta, viene normalmente venduto in bottiglie piccole da 0.375 l.

L’origine del nome di questo vino sembra derivare da un frate francescano che a metà del 1300 curava i malati di peste utilizzando il vino usato nel convento per celebrare la Messa. Si sparse cosi la convinzione che tale bevanda avesse proprietà miracolose e salvifiche, quindi il popolo iniziò ad indicarlo con il nome di “vino santo”.

Esiste però un’altra teoria, altrettanto interessante e forse più simpatica. Pare che il cardinale bizantino Giovanni Bessarione, durante il Concilio di Firenze del 1439, assaggiò del vino dolce locale che trovò molto simile al passito prodotto a Santorini in Grecia. Tale similitudine gli fece esclamare la frase Questo è il vino di Xantos! Gli altri cardinali fraintesero Xantos con Santos, e da lì il vino prese il nome di Santo.

Ma forse il nome gli deriva semplicemente dal fatto che è sempre stato il vino usato durante la celebrazione della Messa. Comunque sia andata, cantucci e vin santo hanno stretto nel corso dei secoli un connubio indissolubile, fortunamente giunto fino a noi senza grandi cambiamenti.

I cantucci vengono inzuppati nel vino per renderli più morbidi e mescolare i due sapori. Il risultato è ottimo e tutto da provare.  Sia i cantucci che il vin santo sono due prodotti perfetti per essere inseriti in un cesto natalizio insieme ad altre specialità particolari. Sono adatti ad essere consumati durate le feste e quindi condivisi con amici e parenti. Ma sono altrettanto perfetti in qualsiasi altro momento dell’anno quando vogliamo regalarci qualcosa di davvero unico.