I 10 vini italiani più famosi al mondo

I vini italiani sono ben noti per la corposità e l’aroma intenso che li caratterizza, ma quali sono i 10 più apprezzati nel mondo? Scopriamolo insieme.

1. Barolo: vino rosso piemontese e da sempre apprezzato dalle classi nobili.

Nonostante le sue origini piuttosto recenti (la sua produzione è iniziata nell’800), ha saputo affermarsi nel settore dei vini pregiati conquistando un pubblico sempre crescente.

E’ un ottimo vino per accompagnare formaggi stagionati come il Grana Padano/Parmigiano Reggiano, piatti aromatizzati con il tartufo oppure pasticceria secca.

2. Barbaresco: vino proveniente dall’omonima città in provincia di Cuneo, è uno dei rossi più pregiati d’Italia, apprezzato fin dai tempi dell’antica Roma.

Ha una gradazione alcolica di 18-20° ed è adatto a coloro che amano gli aromi decisi e corposi.

Si abbina perfettamente ad arrosti, piatti a base di polenta, selvaggina, formaggi piccanti e stagionati.

3. Franciacorta: prodotto nella famosa zona vinicola bresciana, è composta da uve Pinot bianco/nero e Chardonnay.

Viene sottoposto a una rifermentazione in bottiglia per un periodo minimo di 18 mesi.

Questo vino si sposa bene con salumi, formaggi a pasta filata come stracchino o mozzarella, verdure e uova.

4. Müller Thurgau: vino bianco prodotto in Trentino-Alto Adige, è caratterizzato da un aroma fresco, leggero e dal retrogusto mandorlato.

Ideale da servire durante i pasti o per un aperitivo.

Ha una produzione risalente all’800, ma ciò non toglie che sia uno dei vini italiani più amati in Italia e all’estero.

5. Verdicchio: prodotto di secolari origini marchigiane, poichè pare che risalgano all’VIII secolo a. Cristo ed era molto amato dagli antichi romani.

Questo vino bianco è diventato famoso grazie ad un’efficiente strategia di marketing adottata negli anni ’50 dalla sua azienda produttrice, la quale decise di venderlo in confezioni a forma di anfora piuttosto che all’interno di classiche bottiglie.

E’ ottimo da abbinare a portate di pesce o verdure.

6. Chianti: vino rosso toscano per eccellenza, proviene dall’omonima zona, la quale conta ogni anno migliaia di visitatori italiani e stranieri.

E’ contraddistinto da sempre dal marchio raffigurante un gallo nero, viene prodotto con uve Sangiovese.

Per gustarlo al meglio è bene aprire la bottiglia qualche ora prima di berlo, affinchè possa sprigionare tutti i suoi aromi e profumi.

E’ il vino ideale per accompagnare carni rosse, selvaggina e formaggi stagionati.

7. Fiano di Avellino: già famoso nell’antica Roma, è uno tra i vini bianchi italiani più prestigiosi, ha un bel colore giallo paglierino e viene prodotto per lo più con uve Fiano.

Ben si abbina alla mozzarella di bufala, ai crostacei e alle carni bianche.

8. Primitivo di Manduria: vino rosso pugliese dall’aroma deciso e forte, viene prodotto nelle zone di Brindisi e Taranto.

Non tutti sanno che ha un gemello californiano prodotto con uve molto simili. Ottimo per accompagnare formaggi, carni grigliate e primi piatti.

9. Vermentino di Sardegna: vino sardo bianco e secco di color giallo paglierino con riflessi verdi, ha un leggero retrogusto amarognolo.

Si serve ad una temperatura di 8-10° per accompagnare principalmente piatti a base di molluschi e crostacei.

10. Cannonau: prodotto di origini sarde, è uno dei vini rossi più conosciuti di questa regione.

Ha un sapore secco e molto persistente, ben adatto per essere abbinato a portate di carne brasate, arrosti, selvaggina, cinghiale, formaggi stagionati o dolci come crostate di ciliegie e semifreddi al cioccolato.

I 10 più famosi formaggi italiani nel mondo

I formaggi sono dei deliziosi alimenti ricchi di calcio a cui è quasi impossibile resistere e l’Italia è maestra nella produzione di queste perle di latte.

Nel nostro paese esistono oltre 400 tipologie di formaggio, ma quali sono quelli più conosciuti nel mondo? Scopriamolo insieme.

  1. PARMIGIANO REGGIANO/GRANA PADANO DOP: il primo viene prodotto in Emilia-Romagna, mentre il secondo è tipicamente lombardo ma viene prodotto anche in Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto (in queste zone si estende appunto la Pianura Padana).

E’ un formaggio con una stagionatura che va dai 12 ai 18 mesi per il Parmigiano,mentre per il Grana arriva fino a 20.

Sono a pasta dura ma friabile, sono caratterizzati da un sapore intenso e vengono spesso utilizzati per condire i primi piatti.

  1. GORGONZOLA DOP: prodotto nelle regioni Piemonte e Lombardia, esiste nella versione dolce o piccante.

E’ un formaggio muffettato e viene prodotto con il latte della vacca Penicillium Roqueforti.

Può essere anche venduto con l’aggiunta di noci, salmone o mascarpone che lo rendono ancora più gustoso;

  1. TALEGGIO DOP: viene prodotto nella valle omonima ma anche in Veneto, Lombardia e Piemonte.

E’ caratterizzato da una crosta spessa (data dalle diverse spugnature con acqua e sale) ma dall’interno morbido.

La sua stagionatura dura circa 40 giorni e rilascia un odore e sapore intenso.

  1. MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA DOP: la migliore viene senz’altro prodotta nelle regioni meridionali d’Italia, il latte impiegato è ovviamente quello di bufala.

Ha una pasta filata e morbida ed un sapore molto simile a quello dello yogurt. Ottima da degustare da sola ma anche come condimento per la pizza, altra specialità italiana famosa nel mondo;

  1. FIORE SARDO DOP: formaggio proveniente dalla Sardegna, viene prodotto dai pastori con il fuoco a legna e questo processo gli conferisce un aroma affumicato.E’ un prodotto grasso dalla media-lunga stagionatura.
  1. PECORINO DOP: ne esistono ben 3 versioni: sardo, toscano e romano, che variano secondo il luogo di produzione.

Formaggio grasso dalla consistenza dura o semidura , viene sottoposto ad una media-lunga stagionatura.

Per il pecorino toscano e romano viene impiegato il latte di mucca, mentre per quello sardo quello di capra.

Esiste in versione dolce o stagionata dal sapore più forte.

  1. FONTINA DOP: prodotto tipico della Valle d’ Aosta, è caratterizzato da un intenso colore giallo paglierino e da una crosta molto sottile non commestibile.

E’ un formaggio decisamente grasso che viene sottoposto a stagionatura media minima di 3 mesi in acqua salata.

Ha un sapore deciso e viene spesso impiegato per la realizzazione della fonduta, piatto tipo regionale.

  1. CACIOCAVALLO SILANO DOP: proveniente dalla Calabria, Basilicata, Puglia e Molise, viene prodotto con il latte delle mucche allevate allo stato brado e sottoposto ad una stagionatura di 30 giorni all’interno di cantine apposite appeso a delle travi.

La sua pasta è filata ed esiste in versione dolce o piccante;

  1. ASIAGO DOP: prodotto tipico della città di Vicenza ma anche di tutto il Veneto.

Per la realizzazione di questo formaggio viene impiegato il latte vaccino ed è caratterizzato da aromi differenti poichè ne esistono tre versioni: mezzano, vecchio o stravecchio.

Il primo ha una stagionatura di 4-6 mesi e ha un sapore dolce.

Il secondo ha una stagionatura che supera i 10 mesi, mentre quella dello stravecchio supera i 15.

Entrambi hanno un sapore molto forte e deciso arrivando anche ad avere delle note piccanti.

  1. PROVOLONE VALPADANA DOP: formaggio prodotto in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

Caratterizzato da una pasta dura/semidura e filata, è un alimento grasso prodotto con latte vaccino.

Sono disponibili due versioni: quella dolce e quella piccante; la prima è sottoposta a stagionatura di circa 30 giorni, mentre la seconda arriva fino a 16 mesi.

Esportazione Vini Italiani

La qualità del vino italiano

Il vino, soprannominato nel tempo anche nettare degli dei per il suo gusto raffinato, ancora oggi rappresenta la bevanda più apprezzata in tutto il mondo. Il vino prodotto in Italia è conosciuto a livello internazionale perché di elevata qualità e produzione certificata. Il nostro paese è uno dei leader nella produzione di vini pregiati, prodotti molto richiesti sia per il gusto che per il rapporto qualità/prezzo. Il mercato dell’export vino italiano è infatti uno dei più accreditati e attivi fra tutti i paesi ed è uno dei punti di forza dell’azienda CDA Market, centro di distribuzione alimentare con sede a Lozza, in provincia di Varese, che punta proprio sull’esportazione dei vini italiani in molti paesi stranieri. CDA Market punta molto sulla qualità dei prodotti italiani ed è sicura di ottenere successo con la clientela esportando all’estero alimenti e bevande del nostro Paese, come i famosi e conosciuti vini di nostra produzione. Vini rossi, bianchi e rosè certificati DOC e DOCG per offrire solo il meglio sulle tavole estere.

L’esportazione dei vini italiani

Studi recenti dimostrano che il prodotto maggiormente richiesto dal mercato internazionale è proprio il vino italiano. Ogni annata produce vini che contengono peculiarità uniche relative a profumo, colore e gusto. Con le sue particolari proprietà benefiche per l’organismo umano e il gusto intenso diventa una colonna portante immancabile nelle tavole italiane e, grazie al servizio di esportazione di aziende come CDA Market, anche di quelle straniere. Le categorie di vini sono alquanto variegate: frizzante, spumante, passito, liquoroso, novello. Ogni tipologia di vino italiano possiede delle caratteristiche proprie relative al grado etilico e alla corposità. Sono prodotti unici nel loro genere e apprezzati sia durante i pasti che sorseggiati in compagnia di amici nei wine bar. CDA Market effettua un’analisi accurata dei vini italiani destinati all’esportazione estera evidenziando la denominazione d’origine e il produttore. La qualità prima di tutto per garantire un servizio impeccabile e regalare alla produzione italiana un posto d’onore anche all’estero.

Paesi di esportazione dei vini italiani

Il vino prodotto in Italia viene esportato con ottimi risultati soprattutto nei paesi europei. Il Paese che più di altri apprezza il nostro vino è la Francia, seguita subito dopo dalla Germania, dalla Spagna e dal Regno Unito. Ma non soltanto dall’Europa arrivano le richieste di acquisto del vino italiano: la qualità made in Italy ha ormai oltrepassato le frontiere e il suo successo ha raggiunto anche Paesi come gli Stati Uniti d’America, la Cina, l’Australia, l’Asia, l’Oceania e il Canada. I nuovi emergenti mercati di esportazione del vino italiano sono alcuni Paesi europei come la Danimarca, che sta imparando ad amare la sua rinomata qualità e, a livello più internazionale, la Russia e il Giappone. CDA Market esporta con continuità e professionalità la nostra produzione di vini migliori in tutti i Paesi stranieri, elevando la qualità e il pregio del marchio italiano e rivolgendosi ad un target di consumatori piuttosto vario.

Dati di esportazione recenti

Ogni anno i centri di ricerca effettuano analisi dettagliate sull’andamento della produzione vinicola e sulla sua esportazione all’estero. I dati relativi all’esportazione del vino italiano che corrispondono all’anno 2016 confermano il successo della produzione italiana, sempre più ricercata. Si parla addirittura di export da record! La quota raggiunta è di circa 5,6 miliardi di euro, registrando un incremento delle esportazioni di una percentuale maggiore del 40% rispetto all’anno precedente. La qualità della produzione italiana ancora una volta viene, dunque, premiata e ottiene i riconoscimenti che gli spettano per l’attenzione che i produttori dedicano ad ogni fase di realizzazione, dalla cura delle vigne fino all’imbottigliamento. CDA Market garantisce che i prodotti esportati portano con sé un marchio reale e significativo che si vuole porre in evidenza contro le produzione false che spacciano un vino alterato per vino nostrano e lo vendono a caro prezzo a discapito della qualità italiana. Il centro offre garanzia certificata per tutti i suoi prodotti di esportazione, a cominciare dai vini fino a formaggi, salumi, conserve e altri prodotti alimentari rigorosamente made in Italy.

Prodotti tipici della Toscana – piacciono anche al principe Carlo

Che il cibo italiano sia apprezzato nel Regno Unito non è certo una novità, tuttavia sapere che il principe Carlo intende organizzare a Londra una settimana per i prodotti Slow Food delle zone terremotate del centro Italia ne è una piacevole conferma oltre che una lodevole iniziativa.

Carlo e Camilla in questi giorni hanno visitato Amatrice e i resti delle città colpite dal terremoto nell’estate del 2016, poi hanno visitato Roma dove hanno incontrato il Papa e infine sono andati a Firenze dove hanno iniziato la giornata fra i banchi del mercato di Sant’Ambrogio alla scoperta dei prodotti tipici toscani.

Non hanno solo passeggiato fra i banchi, il principe ne ha approfittato anche per fare la spesa. Ha comprato pecorino di grotta della Maremma, prosciutto di San Casciano e i salamini toscani che ha voluto assolutamente pagare.

Alla Bottega dell’Augusta, invece, Carlo e Camilla hanno assaggiato una schiacciata all’olio e subito dopo si sono recati al teatro del Sale, dove li aspettavano il patron Fabio Picchi e il presidente di Slow Food Carlo Petrini.

E’ qui che Carlo ha proposto di realizzare a Londra una settimana interamente dedicata alle aziende Slow Food che operano nelle zone terromotate dell’Italia centrale, per aiutarle a ripartire.

Il Tour alla scoperta del cibo toscano si è concluso davanti al banco di un birrificio artigianale del Valdarno fiorentino, dove Carlo ha assaggiato la birra prodotta con la patata rossa di Cetica aromatizzata alla lavanda toscana, molto apprezzata dal Principe.

Salame cacciatore italiano il più venduto in Germania

Il salame cacciatore, uno dei nostri più antichi e tipici salumi continua ad essere estremamente apprezzato in Germania.

Nel 2016 il salame cacciatore, seppure con una lieve flessione rispetto all’anno precedente, ha mantenuto infatti importanti quote di leadership nelle esportazioni e consumi.

Quali sono le ragioni di questo successo? E’ stato chiesto a Lorenzo Beretta, Presidente del Consorzio Salame Cacciatore.

La qualità e la praticità d’utilizzo, grazie alle ridotte dimensioni del “salamino” che lo collocano all’interno di una modalità di consumo pratico perfettamente in linea con i nuovi stili di vita.

Questo salame viene prodotto utilizzando materie prime esclusivamente italiane e nel pieno rispetto della sua antica ricetta, ovvero quella dei salamini che i cacciatori portavano con sé nelle bisacce durante le loro battute di caccia.

I Salamini Italiani alla Cacciatora DOP risultano una categoria di alimenti adatta a tutta la popolazione e a diversi momenti di consumo, in grado di soddisfare la ricerca del gusto e, allo stesso tempo, in linea con le raccomandazioni dietetiche della comunità scientifica.

Il contenuto di sale è notevolmente diminuito rispetto agli anni scorsi. Ciò grazie all’evoluzione dei sistemi di produzione e alla maggiore attenzione nella qualità delle materie prime e delle spezie utilizzate. Presentano un contenuto di sale nettamente minore rispetto al passato, in una percentuale del ben 18%.

Formaggi Italiani – non sono dannosi alla salute

Che il comparto caseario sia un nostro fiore all’occhiello non è certo una novità, in Italia ci sono circa 450 formaggi tradizionali censiti dalle Regioni e una quarantina a denominazione riconosciuti dall’UE.

I Medici così come o nutrizionisti per anni ci hanno raccontato che il cacio contiene quantità rilevanti di grassi saturi e colesterolo dannosi al nostro organismo.

I più tolleranti consigliano di consumarli non più di due volte la settimana, troppo poco per chi ne è goloso!

Siamo di fronte a una sorta di campagna denigratoria continua che ha portato l’opinione pubblica a farsi un’idea sbagliata del formaggio; ma adesso è arrivato il momento della rivincita.

Il formaggio infatti è stato riabilitato da un recente studio dell’University College di Dublino, pubblicato anche sulla rivista scientifica Nutrition and Diabetes e che sta avendo grande risonanza sui media britannici.

I ricercatori hanno concluso che le persone che consumano molto formaggio sono più in forma di quelli che non ne mangiano, e che inoltre non hanno livelli di colesterolo maggiori.

Ma non è tutto pare infatti che i partecipanti all’esperimento che hanno mangiato latticini a basso contenuto di grassi, tendevano ad avere più alti livelli di colesterolo (legati, come si sa, a un aumento del rischio di malattie cardiache e ictus).

Olio di palma SI Olio di palma NO

Olio di palma SI Olio di palma NO” scusate il gioco di parole, questo è il titolo di un convegno che si è svolto di recente a Napoli, presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II.

E’ stato probabilmente l’ultimo tentativo per assolvere questo ingrediente presente in moltissimi cibi, ricco di grassi saturi e responsabile della deforestazione delle foreste pluviali.

Ricordiamo che l’olio di palma è un prodotto presente in prevalenza nei prodotti da forno, creme spalmabili e merendine preparati a livello industriale.

L’incontro, organizzato dal professor Alberto Ritieni del Dipartimento di Farmacia ha coinvolto il professor Gabriele Riccardi, ordinario di Malattie del Metabolismo presso l’Università Federico II e il dottor Marco Silano, direttore del Reparto Alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità.

I relatori durante il convegno hanno sottolineato che è necessaria una certa cautela nell’uso dell’olio e degli alimenti che lo contengono evidenziando che si tratta di un ingrediente con un contenuto di acidi grassi saturi- responsabili dell’innalzamento dei livelli di colesterolo nel sangue – superiore alla maggior parte degli altri oli quali: olio d’oliva, olio di semi di girasole, olio di soia e olio di mais.

Solamente il burro ha un contenuto percentuale di acidi grassi saturi simile a quello dell’olio di palma, ma c’è una differenza significativa. L’acido palmitico dell’olio tropicale di palma è presente in quantità doppia rispetto al burro.

Conclusioni: si raccomanda di sostituire l’olio di palma quando è possibile, con altri grassi anche se inevitabilmente più costosi.
Cambiare l’ingrediente contribuirà in futuro a mantenere sotto controllo i livelli di colesterolo riducendo, così, il rischio cardiovascolare dei consumatori.

Nel corso del convegno gli esperti hanno inoltre evidenziato i potenziali problemi dell’olio di palma dovuti alla presenza di sostanze cancerogene derivate dal processo di raffinazione.
Il consumo abituale di prodotti alimentari contenenti quantità rilevanti di olio di palma è stato indicato come potenzialmente rischioso, soprattutto per bambini e adolescenti.

8 Marzo Festa Della Donna – Le donne del vino festeggiano prima

Sono: produttrici, ristoratrici, sommelier, ma anche addette alla comunicazione, in Italia le donne del vino sono circa 700 e quest’anno celebrano la festa della donna con qualche giorno d’anticipo.

Da sabato 4 marzo cominceranno i brindisi delle Donne del Vino.

Si tratta di un evento diffuso in tutta Italia con appuntamenti nelle cantine, enoteche e ristoranti.
È la prima edizione di questa festa e sarà una vera rivoluzione nel mondo del vino dove gli uomini hanno sempre avuto il ruolo di protagonisti.

Già un anno fa nel 2016 la Delegazione Toscana, guidata dalla Delegata Antonella d’Isanto, aveva organizzato con grande successo un’edizione sperimentale che quest’anno diventa a tutti gli effetti Nazionale.

Non c’è da stupirsi visto che secondo dati Artea in riferimento alla produzione di vino del 2016, in Toscana, almeno un terzo delle imprese del settore risultano essere condotte da donne.

Dunque un settore e un profilo in crescita, che a questo punto merita una celebrazione ufficiale nella prima decade di Marzo, tipicamente dedicata alla donna.

Vino Chianti – Il consorzio del Chianti alza la sua qualità

Il Consorzio del Chianti ha pensato di applicare una vecchia regola imprenditoriale per aumentare la qualità del famoso vino toscano.

E’ risaputo che diminuire la quantità di produzione per incentivare la qualità del prodotto è una regola che funziona ed è anche la direzione intrapresa dal Consorzio Vino Chianti di modificare il disciplinare in occasione dell’assemblea dei soci riunita di recente a Firenze.

L’iniziativa era già pianificata da tempo ma è stata anticipata di un anno, i soci del consorzio hanno scelto di ridurre le rese ‘a ceppo’ da 5 a 3 chilogrammi relativa alla produzione dei vecchi vigneti che fino ad oggi godevano di un regime in deroga particolare.

Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti ha spiegato che questa scelta permetterà di riequilibrare la Denominazione e metterla in condizione di competere a livello mondiale con le altre denominazioni – garantendo una migliore qualità del vino Chianti.

Gli amici del comparto enogastronomico toscano sono sicuri che in questo modo si potrà abbinare molto meglio il loro vino ai piatti tipici della Toscana e così si potranno incrementare le vendite, soprattutto nel sud-est asiatico, continente in cui c’è più richiesta e dove il Consorzio Chianti sta promuovendo maggiormente in questi ultimi mesi.

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Le tendenze della ristorazione per il 2017

The Fork è un APP che permette di prenotare in tempo reale in migliaia di ristoranti in tutta Italia.

L’organizzazione che la gestisce ha condotta una ricerca tra i propri utenti in Italia per provare a rispondere a quelle che sono alcune delle nuove tendenze gastronomiche e della ristorazione.

Dai risultati si evince che i consumatori sono sempre più informati e attenti alla scelta del locale in cui mangiare, e si orientano verso ristoranti e locali conviviali e aperti al nuovo, ma allo stesso tempo legati alla tradizione.

La metà degli italiani intervistati si aspetta di andare al ristorante da 2 a 5 volte al mese, mentre il 15,5% pensa di consumare un pasto fuori casa e con servizio al tavolo ogni 30 giorni.
Il 36% ha dichiarato di spendere meno di 10 euro alla settimana per i soli pranzi al ristorante, mentre il 45% prevede di spendere da 10 a 30 euro.
Per le cene il budget si alza leggermente: il 78% dei rispondenti spenderebbe nell’arco di una settimana da 10 a 50 euro.
Nel complesso, la maggioranza degli intervistati non intende destinare a questa voce più di quanto le abbia destinato nel 2016.

Le occasioni per mangiare fuori casi degli italiani sono: la cena con la classica “riunione tra amici”, seguite dalle cene romantiche (32,4%), quelle con i familiari (29,2%), i pasti da soli (3,2%) e gli incontri di lavoro (2%).