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Verso il Natale 2016: cantucci e vin santo

Cari amici di CDA Market oggi, nel nostro cammino verso il Natale 2016 incontriamo un’accoppiata decisamente vincente: i cantucci e il vin santo.

I cantucci (detti anche biscotti di Prato), per i pochi che ancora non li conoscessero, sono degli ottimi biscotti secchi toscani, a base di mandorle, ottenuti nella loro classica forma allungata, dal taglio in diagonale del panetto di impasto ancora caldo dopo la cottura. Il nome cantuccio viene appunto da “canto” che significa angolo. Non per nulla, in Toscana, il mobile angolare è ancora oggi detto cantoniera.

 Come si preparano i cantucci

L’impasto base dei cantucci viene fatto con farina, zucchero, uova, burro e mandorle: volendo nella ricetta si può sostituire lo zucchero con il miele. Esistono comunque anche alcune variazioni sul tema, per esempio con l’utilizzo di nocciole al posto delle mandorle. La frutta secca viene in ogni caso utilizzata al naturale, cioè sgusciata ma non pelata nè tostata.

Si tratta di un dolce con una lunga storia e tradizione, la cui ricetta è documentata sin dal XVII secolo ed è arrivata praticamente invariata fino ai giorni nostri.

Il cantuccio è buonissimo mangiato da solo, o anche consumato insieme al latte o al tè per colazione, ma l’abbinamento universalmente noto e apprezzato da tutti è inzuppato in un bicchierino di vin santo.

Cantucci e vin santo

Anche il vin santo ha origini antiche, si trovano tracce della sua presenza già nel XIV secolo. Si tratta di un vino toscano dolce, da dessert, ottenuto da uve di tipo Trebbiano e Malvasia. Essendo un vino liquoroso, con un’elevata gradazione alcolica, da consumare in quantità ridotta, viene normalmente venduto in bottiglie piccole da 0.375 l.

L’origine del nome di questo vino sembra derivare da un frate francescano che a metà del 1300 curava i malati di peste utilizzando il vino usato nel convento per celebrare la Messa. Si sparse cosi la convinzione che tale bevanda avesse proprietà miracolose e salvifiche, quindi il popolo iniziò ad indicarlo con il nome di “vino santo”.

Esiste però un’altra teoria, altrettanto interessante e forse più simpatica. Pare che il cardinale bizantino Giovanni Bessarione, durante il Concilio di Firenze del 1439, assaggiò del vino dolce locale che trovò molto simile al passito prodotto a Santorini in Grecia. Tale similitudine gli fece esclamare la frase Questo è il vino di Xantos! Gli altri cardinali fraintesero Xantos con Santos, e da lì il vino prese il nome di Santo.

Ma forse il nome gli deriva semplicemente dal fatto che è sempre stato il vino usato durante la celebrazione della Messa. Comunque sia andata, cantucci e vin santo hanno stretto nel corso dei secoli un connubio indissolubile, fortunamente giunto fino a noi senza grandi cambiamenti.

I cantucci vengono inzuppati nel vino per renderli più morbidi e mescolare i due sapori. Il risultato è ottimo e tutto da provare.  Sia i cantucci che il vin santo sono due prodotti perfetti per essere inseriti in un cesto natalizio insieme ad altre specialità particolari. Sono adatti ad essere consumati durate le feste e quindi condivisi con amici e parenti. Ma sono altrettanto perfetti in qualsiasi altro momento dell’anno quando vogliamo regalarci qualcosa di davvero unico.

Verso il Natale 2016: il Cotechino di Modena

Cari amici di CDA continua il nostro appuntamento con “Verso il Natale 2016” con tutti i prodotti enogastronomici che compongono un cesto natalizio che si rispetti.

Lasciamo, almeno per il momento, i dolci delle feste per dedicarci a uno degli alimenti che più di tutti è sinonimo del Natale, ma anche del Capodanno: il Cotechino di Modena, uno dei prodotti di eccellenza della salumeria italiana, contraddistinto dal riconoscimento I.G.P. (indicazione geografica protetta) nella sezione dedicata alle preparazioni a base di carni.

Il cotechino non fa ingrassare

A differenza di quanto si possa pensare il Cotechino di Modena non è un prodotto alimentare che fa ingrassare. Un etto di cotechino infatti produce un apporto calorico di 250 calorie, meno di quelle che assumiamo mangiando un piatto di pasta scondito.

Stando alle analisi dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli alimenti e la Nutrizione (INRAN) il Cotechino di Modena presenta una grande quantità di proteine nobili, una maggiore quantità di grassi insaturi ( meno dannosi di quelli saturi), perde parte del grasso durante la cottura ed è ricco di vitamina B e minerali, elementi che fanno bene all’organismo.

 La storia del Cotechino di Modena

Consumato in grandi quantità durante le feste, e in modo particolare accompagnato da lenticchie porta fortuna, per festeggiare l’inizio di un nuovo anno, il Cotechino di Modena (insieme allo zampone) ha origini antichissime che risalgono a più di 500 anni fa.

E’ grazie all’ingegno degli abitanti del piccolo borgo di Mirandola che oggi possiamo apprezzare uno degli insaccati più gustosi della tradizione italiana; proprio qui, per evitare che le truppe di Papa Giulio II facessero razzia dei maiali, i cittadini decisero di macellare gli esemplari presenti e insaccarne le carni nella cotenna e nelle zampe.

Nei primi anni del ‘700 il Cotechino di Modena conosce la sua massima diffusione, arrivando a sostituirsi per fama alla celebre salsiccia gialla. I primi produttori su larga scala sono invece le botteghe di salumeria Frigerio e Bellentani.

Per la sua tradizione secolare questo salume è considerato l’antenato dei più pregiati insaccati italiani, apprezzato anche nel Ducato di Milano e citato dal compositore Rossini che, in una lettera indirizzata ai uno dei primi produttori di cotechino, Bellentani, scriveva così: “Vorrei quattro zamponi e quattro cotechini di Modena, il tutto della più delicata qualità”.

Impasto per cotechino Come viene realizzato il Cotechino

Come prima cosa vediamo quali sono le caratteristiche del tipico insaccato modenese: il Cotechino di Modena è composto da un impasto di carne di maiale magra con l’aggiunta di grasso e cotenna di suino più sale, pepe e altre spezie, il tutto contenuto in un budello di maiale che può essere sia naturale che artificiale.

Il primo fondamentale passaggio che caratterizza la realizzazione del Cotechino di Modena è la macinatura della carne che avviene in appositi tritacarne con fori di 7-10 mm per la parte muscolare e grassa e 3-5 mm per quanto riguarda la cotenna del maiale.

L’impasto ottenuto, dopo essere stato sgrassato con macchinari a pressione atmosferica, viene insaccato negli appositi budelli che, a differenza dello zampone, possono essere sia naturali che artificiali.

Infine va precisato che esiste un’ulteriore lavorazione a seconda che il cotechino sia fresco o precotto. Nel primo caso l’impasto viene fatto asciugare in una stufa ad aria calda mentre nel secondo caso viene fatto bollire in autoclave ad una temperatura di 115 gradi centigradi e confezionato in buste ermetiche per poter essere distribuito sul mercato.